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TARI: la destinazione religiosa di un locale deve essere comprovata per poter accedere all’esenzione

Con sentenza 18137/2022, la Corte di Cassazione ha affermato che per l’esenzione TARSU (ma valevole anche in TARI) occorre verificare che i locali appartengano ad una comunità religiosa e che siano concretamente destinati al culto.

Nel caso di specie, benché i locali fossero accatastati in categoria E/7 (edifici di culto), il Comune aveva ritenuto di assoggettare al tributo una parte della superficie ritenendo fosse utilizzata per finalità diverse da quelle propriamente religiose. Tale scelta era apparsa contraddittoria al contribuente il quale sosteneva che tale distinzione non fosse possibile in virtù dell’accatastamento. Deduceva inoltre che il Regolamento comunale prevedeva espressamente che gli edifici adibiti al culto fossero esentati e che pertanto aveva diritto all’esenzione.

In primo luogo, la Suprema Corte evidenzia che per “locali adibiti al culto” si devono intendere solo quelli nei quali, in concreto, si esercita la pratica religiosa. 

Ai fini dell’applicazione della tassa rifiuti poi, statuisce come occorra accertare, non solo che i locali appartengano ad una comunità religiosa, ma anche che in essi la congregazione si riunisca per esercitare il culto e non ad altri fini. Ne consegue che “Detta verifica deve eseguirsi in concreto e non in astratto e pertanto non è sufficiente la classificazione catastale dei locali come edifici destinati al culto, nè si può presumere che tutti i locali così classificati siano effettivamente destinati al culto”. 

In merito al Regolamento del Comune evidenzia infine come, facendo riferimento agli “edifici adibiti al culto” e non ad edifici classificati come destinati al culto, sia implicitamente confermata la necessità di una verifica in concreto della sussistenza del requisito sopra indicato.

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