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Nessun controllo del MEF sulle tariffe del Canone unico patrimoniale e mercatale

Nella seduta dello scorso 21 luglio della VI Commissione Finanze della Camera, il MEF ha fornito un importante chiarimento circa la tariffa del Canone unico applicabile ai mercati.

L’interrogazione parlamentare (5-06395 Grimaldi: Chiarimenti in ordine alle tariffe del Canone unico patrimoniale applicate dai Comuni) metteva in evidenza come il Canone di concessione per l’occupazione delle aree e degli spazi del demanio o del patrimonio indisponibile destinati a mercati realizzati anche in strutture attrezzate sia nato dall’esigenza di ridurre l’onere della tassazione sulle occupazioni di suolo pubblico a carico degli operatori commerciali. Tuttavia, diversi regolamenti emanati dai Comuni prevedono nuove e più elevate tariffe rispetto a quelle in precedenza applicate in ambito di TOSAP e COSAP, di fatto realizzando un ingiustificato e spropositato aumento delle tariffe da applicare dal 1° gennaio 2022 (tenendo conto del periodo di esonero stabilito al 31 dicembre 2021 disposto dai provvedimenti emergenziali, da ultimo art. 30 co. 1 D.L. 41/2021). Alla luce di queste considerazioni, veniva dunque richiesto se non fosse opportuno adottare iniziative legislative al fine di introdurre una disciplina univoca per tutti gli Enti allo scopo di superare situazioni di contrasto tra le fonti regolamentari e la Legge istitutiva del Canone unico.

IL MEF precisa, in primo luogo, che il Canone mercatale, di cui all’art. 1 co. 837 e seguenti L. 160/2019, è caratterizzato da principi e regole chiaramente diversi rispetto a quelli che ispirano le disposizioni relative al Canone patrimoniale di cui al comma 816 e seguenti del medesimo articolo. Infatti, il primo canone si applica in deroga alle disposizioni concernenti il secondo, il cui presupposto riguarda l’occupazione di spazi ed aree pubbliche e la diffusione di messaggi pubblicitari.  

In secondo luogo, evidenzia che ai commi 841 e 842 L. 160/2019 sono fissate le tariffe base per le occupazioni mercatali, aventi durata annuale o giornaliera, rapportandole alla dimensione demografica dei Comuni. Questi ultimi applicano le suddette tariffe frazionate per ore (fino a un massimo di 9) in relazione all’orario effettivo, in ragione della superficie occupata e possono prevedere aumenti nella misura massima del 25% delle medesime tariffe, riduzioni ed esenzioni, fino all’azzeramento del Canone stesso.

Sulla base delle considerazioni esposte, quindi, il MEF conclude che “non si ravvisano ulteriori iniziative legislative da intraprendere al fine di disciplinare la potestà regolamentare degli enti locali in materia di tariffazione del canone patrimoniale di cui all’articolo 1, comma 837 della legge n. 160 del 2019”. Ciò anche in considerazione del fatto che “vista la natura patrimoniale dell’entrata in discorso il Dipartimento delle finanze non può esercitare la facoltà prevista dall’articolo 52, comma 4 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, in base al quale «Il Ministero delle finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità avanti gli organi di giustizia amministrativa». L’articolo 13, comma 15, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, circoscrive espressamente l’obbligo di trasmissione al MEF, e la conseguente pubblicazione sul sito internet del Dipartimento delle finanze alle sole delibere regolamentari e tariffarie relative alle «entrate tributarie dei comuni»”.

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