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L’affidatario del servizio di accertamento non può sostituire in giudizio il Comune

Il soggetto affidatario del servizio di accertamento e riscossione non ha legittimità processuale se viene impugnato un atto emesso dall’ente impositore: lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza 10198/2022.

I giudici rilevano infatti che, nel caso di specie, l’avviso di accertamento dal quale è originato il contenzioso era stato emesso dal Comune, soggetto titolare del tributo, sebbene fosse stato predisposto e notificato dalla società affidataria; il contribuente impugnava l’atto chiamando in giudizio solo il Comune emittente, il quale non si costituiva personalmente in giudizio ma veniva rappresentato dal gestore del servizio di accertamento.

Richiamando l’art. 10 D.Lgs. 546/1992 secondo il quale sono parti nel processo dinanzi alle Commissioni Tributarie gli enti impositori che hanno emesso l’atto impugnato, la Cassazione sostiene che per l’individuazione della parte resistente, “vi deve essere una inscindibile correlazione tra la legittimatio ad causam e l’emissione dell’atto impositivo”. La legittimazione passiva del concessionario sussiste pertanto nei casi in cui oggetto della controversia siano gli atti allo stesso direttamente riferibili.

La sussistenza di un contratto di affidamento della gestione dell’attività di riscossione nonché della preliminare attività accertativa non attribuisce alla concessionaria la legittimazione ad agire anche al di fuori del rapporto concessorio ma solo la possibilità di stare in giudizio per difendere atti dalla stessa emanati.

La pronuncia in commento integra le conclusioni cui la stessa Cassazione era giunta con l’ordinanza 38985/2021 e si pone in linea con l’orientamento già espresso con l’ordinanza 16760/2021 (si vedano nostre news del 02/03/2022 e del 6/10/2021).