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Sì al rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente solo in caso di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti

Con ordinanza n. 33095 del 10 novembre 2021, la Corte di Cassazione ha riaffermato il seguente principio di diritto: “In materia di pubblico impiego privatizzato, l’amministrazione è tenuta al rimborso delle spese legali sostenute dal dipendente assolto in esito ad un processo penale solo quando i fatti oggetto dell’imputazione siano connessi con l’espletamento del servizio o con l’assolvimento degli obblighi istituzionali, non quando il rapporto di lavoro abbia costituito una mera occasione per la commissione dei fatti a lui imputati”(Cass. n.28597 del 2018).

Da ciò deriva in via generale che la connessione tra il comportamento imputato al dipendente pubblico e il servizio prestato non ricorre quando la condotta posta in essere, lungi dall’essere espressione di un dovere istituzionale, abbia costituito l’occasione per realizzare la violazione dei doveri d’ufficio; il medesimo principio è declinato altresì in una successiva pronuncia (Cass. n. 34457 del 2019) con cui la Cassazione ha stabilito che l’assenza di conflitto di interessi, che costituisce il presupposto per l’assunzione dell’onere di pagamento da parte datoriale, va valutata “ex ante” nel momento in cui è stata posta in essere la condotta generatrice di responsabilità, e che non può considerarsi automaticamente esclusa in caso di assoluzione del dipendente; in tal caso spetta al giudice del merito accertare, attraverso un’autonoma ricostruzione fattuale della vicenda, che il dipendente abbia agito unicamente per finalità di espletamento del servizio, in esecuzione dei compiti di ufficio e, quindi, non in conflitto con il suo datore di lavoro.