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Legittimo il mutamento di mansioni disposto nei confronti dell’avvocato, purché rispettoso della professionalità dello stesso

Con la recente ordinanza n. 23219 del 25 luglio 2022, la Sezione La voro della Cassazione ha affermato che «qualora un avvocato o procuratore venga inserito nell’ufficio legale di un ente pubblico, con costituzione di rapporto di lavoro subordinato, come consentito dall’art. 3 quarto comma lett. b del R.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578 (convertito in legge 22 gennaio 1934 n. 36 e modificato dalla legge 23 novembre 1939 n. 1949), in deroga alla regola generale dell’incompatibilità della professione forense con impieghi retribuiti, la disciplina di tale rapporto trova prevalente applicazione, anche per quanto riguarda le disposizioni dettate dall’art. 2103 cod. civ. (nel testo introdotto dall’art. 13 della legge 20 maggio 1970 n. 300), in tema di mansioni del dipendente. Pertanto, mentre deve escludersi che a detto avvocato o procuratore possa essere affidato il mero disbrigo di pratiche amministrative, si deve ritenere consentito al datore di lavoro, nell’esercizio dello “ius variandi”, di assegnarlo ad altri compiti, ove questi, pur non esplicandosi in atti di professione legale, siano inerenti al campo giuridico, salvaguardino il suo patrimonio professionale e rispettino la sua collocazione nell’ambito della gerarchia dell’ente».

D’altra parte, affermano i Giudici, il fatto che l’art. 23 dell’Ordinamento Professionale Forense, di cui alla L. 247/2012, affermi che «è garantita l’autonomia e l’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica dell’avvocato», sta a delineare il regime di svolgimento della prestazione forense, fino a quando l’esercizio di essa perduri, ma non può avere rilievo, a meno di spostamenti ritorsivi, rispetto all’esercizio della facoltà datoriale di mutare le mansioni da assegnare.

Inoltre, l’esercizio dello ius variandi, sotto il profilo delle diverse mansioni attribuite, appartiene ad un’ampia discrezionalità del datore di lavoro pubblico, insuscettibile, una volta rispettoso delle regole di esercizio e quindi della classificazione riveniente dalla contrattazione collettiva, di controllo nel merito della scelta assunta.

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