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Divieto di conferimento incarichi a soggetti collocati in quiescenza

Con deliberazione n. 90/2020/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Sardegna ha ritenuto di dover condividere e dare continuità a quell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale vanno inclusi nel novero dei soggetti a cui è preclusa l’assunzione degli incarichi ex art. 5, comma 9, del D.L. n. 95/2012, non solo i dipendenti pubblici in quiescenza ma anche i lavoratori privati in quiescenza, siano questi ultimi dipendenti o autonomi.

Il Collegio, adendo alle conclusioni in tal senso raggiunte anche in seno ad altre Sezioni della Corte, ha reputato infatti di non poter seguire la diversa opzione ermeneutica prospettata dal Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione – Dipartimento della funzione pubblica nelle circolari interpretative n. 6/2014 del 04.12.2014 e n. 4/2015 del 10.11.2015 (che, per inciso, non costituisco fonti del diritto) laddove si circoscrive l’ambito applicativo della norma in discorso a “qualsiasi lavoratore dipendente collocato in quiescenza” (circolare n. 6/2014) ed “esclusivamente i lavoratori dipendenti e non quelli autonomi” (circolare n. 4/2015).

Tale ultima interpretazione risulta conferente alla versione originaria del comma in esame ma, di contro, si palesa discordante rispetto all’attuale formulazione della norma che incentra il divieto sui “lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza”; una simile locuzione, interpretata alla luce del criterio letterario indicato dall’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale preliminari al codice civile, non può non avere altro senso che quello “fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse”.

Nella specie, il tenore letterario della norma induce a concludere che tutti coloro i quali abbiano svolto un’attività lavorativa, tanto nel settore pubblico quanto in quello privato (quindi sia i lavoratori dipendenti privati che i lavoratori autonomi), qualora collocati in quiescenza, non possono essere destinatari degli incarichi di studio, di consulenza, dirigenziali, direttivi o di cariche in organi di governo da parte delle amministrazioni, negli enti e nelle società specificate dalla norma oggetto di parere. L’interpretazione proposta, afferma ancora la Sezione, trova conforto anche nel secondo canone ermeneutico indicato nel citato art. 12, ossia il criterio teleologico che fa perno sull’intenzione del legislatore la quale, come sopra evidenziato, si muove nella duplice direzione di favorire l’occupazione giovanile nell’Amministrazione pubblica e di realizzare risparmi di spesa; contenere il divieto in parole ai dipendenti pubblici in quiescenza, escludendo i lavoratori privati, non solo urta contro il chiaro disposto normativo, ma non si pone in armonia con la ratio che ha ispirato l’art. 5, comma 9, del D.L. n. 95/2012, quantomeno sul fronte del favor per il ricambio generazionale nell’ambito del settore pubblico.

Ed invero, come osservato dalla Sezione regionale di controllo del Piemonte, “se il beneficiario del possibile incarico è già collocato in quiescenza, a prescindere dalla natura, dipendente o autonoma, del lavoro svolto prima della quiescenza, trova applicazione il divieto di cui all’art. 5, comma 9, del d.l. 95/2012” e “la possibilità da parte di un ente pubblico territoriale, quale il comune, di conferire cariche in organi di governo di enti e società controllate a soggetti già titolari di pensione, a prescindere da qualunque caratteristica anagrafica dei soggetti beneficiari, è riconosciuta, sulla base della stessa formulazione letterale dell’art. 5 comma 9 del d.l. n. 95/2012, solo nel caso in cui l’incarico sia a titolo gratuito.” (SRC Piemonte n. 66/2018/PAR).

Ad analoga conclusione era già pervenuta la Sezione regionale di controllo della Puglia che si esprime nel senso che “il divieto abbraccia non solo gli ex dipendenti dell’ente, ma tutti i lavoratori (dipendenti, lavoratori autonomi) privati o pubblici (quindi, a prescindere dalla natura dell’ex datore di lavoro) in quiescenza” (SRC Puglia n. 193/2014/PAR) ed è stata ribadita dalla Sezione regionale di controllo della Lombardia che parla di
“indistinzione, nei soggetti in quiescenza, tra lavoratori dipendenti e autonomi” (SRC Lombardia n. 180/2018/PAR).

Per completezza espositiva, il parere aggiunge che l’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali si muove nella medesima direzione della giurisprudenza contabile, tanto che nell’Atto di indirizzo adottato ai sensi dell’art. 154, comma 2, del D. Lgs. n. 267 del 18 agosto 2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali – TUEL) ed avente ad oggetto l’interpretazione e l’applicazione dell’art. 5, comma 9, del D.L. n. 95/2012, ha ritenuto che tale disposizione “in quanto generalmente riferita a lavoratori in quiescenza, trova applicazione sia per i lavoratori dipendenti che per i lavoratori autonomi” (Atto di indirizzo approvato in data 24 maggio 2019).

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