Skip to content

IMU: dimora abituale salva anche in caso di assenze prolungate per motivi di lavoro

Con la sentenza n. 240/2025, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Umbria ha confermato che l’assenza del contribuente dall’immobile per esigenze lavorative, anche se prolungata, non esclude di per sé il requisito della dimora abituale ai fini dell’applicazione dell’agevolazione IMU per l’abitazione principale, purché l’immobile costituisca il centro degli interessi personali, familiari e sociali del contribuente.

La controversia trae origine da due avvisi di accertamento IMU e TASI emessi dal Comune per l’anno 2018, con i quali veniva negata l’agevolazione per l’abitazione principale, sul presupposto dell’insussistenza del requisito della dimora abituale.

A fondamento del diniego, l’amministrazione comunale ha richiamato l’assenza del contribuente, riscontrata dalla polizia locale, nonché i consumi energetici molto contenuti, ritenuti indicativi di un utilizzo solo occasionale dell’immobile, circostanza ritenuta incompatibile con l’agevolazione. Inoltre, il Comune aveva denunciato alla Procura della Repubblica l’asserita falsità dell’autocertificazione resa dal contribuente in merito alla dimora.

L’assoluzione intervenuta in sede penale, con accertamento dell’effettiva dimora del contribuente nell’immobile, è stata ritenuta rilevante anche in sede tributaria. La Corte di giustizia tributaria di primo grado aveva infatti accolto il ricorso del contribuente, annullando gli accertamenti.

La Corte di secondo grado ha confermato integralmente la decisione di primo grado.

Costituisce principio ormai consolidato che l’assenza prolungata per esigenze lavorative, se adeguatamente documentata, non comporta di per sé la perdita del requisito della dimora abituale, intesa come il luogo in cui si concentra la vita familiare, personale e sociale del soggetto, ai sensi dell’art. 43, comma 2, c.c.

Nel caso di specie, la documentazione prodotta ha dimostrato la sussistenza di tali circostanze e non è emersa la disponibilità di altro immobile in cui il contribuente avrebbe potuto stabilire un diverso domicilio.

Quanto ai consumi delle utenze, la Corte ha osservato che, pur collocandosi nella fascia bassa dei valori medi, essi risultano compatibili con l’effettiva presenza presso l’abitazione, nei limiti consentiti dall’attività lavorativa.

La sentenza n. 240/2025 della CGT dell’Umbria si inserisce in un filone giurisprudenziale orientato a valorizzare un approccio sostanzialistico al concetto di dimora abituale, fondato sul reale collegamento tra il soggetto e l’immobile. Tale orientamento mira a garantire l’accesso all’agevolazione IMU nei casi in cui l’immobile costituisca effettivamente il punto di riferimento familiare e personale, anche in presenza di assenze legate a obblighi lavorativi.

In tal senso si sono espresse anche:
– la Cassazione civile con la sentenza n. 28534/2020;
– la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, con la sentenza n. 2956/2023.

Tags: Abitazione principale, dimora abituale, IMU