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Unioni di comuni: diverso regime per i reclutamenti effettuati a valere sulle capacità assunzionali cedute dai Comuni aderenti

Che le novità introdotte dal D.M. 17 marzo 2020, attuativo dell’art. 33, comma 2, del D.L. 34/2019 in tema di capacità assunzionali per i Comuni (criterio della sostenibilità finanziaria), determinino alcune difficoltà di coordinamento con la normativa ancora oggi applicabile alle Unioni di Comuni, è questione nota agli addetti ai lavori.

In proposito giova infatti rammentare che, come precisato dalla Sezione delle Autonomie nella recente pronuncia n. 4/2021/QMIG, la disciplina di cui all’art. 33, comma 2, del Decreto legge 30 aprile 2019 n. 34 e del relativo decreto attuativo non trova applicazione per le Unioni di comuni, alle quali è consentito il “diretto” reclutamento di personale con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato nei limiti del 100% della spesa relativa al personale di ruolo cessato dal servizio nell’anno precedente, come previsto dall’art. 1, comma 229, della Legge 28 dicembre 2015, n. 208.

Ciò nonostante, tuttavia, rimane ferma la possibilità per le Unioni di comuni di avvalersi a tal fine anche delle capacità assunzionali ad esse cedute dai Comuni aderenti in applicazione dell’art. 32, comma 5, ultimo periodo, del Tuel (norma ordinamentale mai abrogata).

Ma cosa succede in tal caso?
È legittimo considerare l’eventuale maggior spesa derivante da un incremento di personale a valere sugli spazi ceduti dai comuni, calcolati in applicazione degli articoli 4 e 5 del D.M. 17 marzo 2020, non rilevante ai fini della verifica del rispetto dei vincoli specifici di spesa propria ai sensi del comma 562 della legge n. 296/2006?
E poi, in secondo luogo, si può ritenere consentito anche alle Unioni di comuni l’adeguamento del valore medio pro-capite del fondo delle risorse decentrate, riferito all’anno 2018, in presenza di un incremento di personale per effetto di assunzioni effettuate direttamente dall’Unione a valere sulle capacità assunzionali cedute dai Comuni ai sensi dell’art. 32, comma 5, del Tuel?

A questi interrogativi fornisce risposta la recentissima delibera della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Veneto n. 5/2022/PAR.
Ad avviso del Collegio si deve ritenere che le Unioni di Comuni dispongano, ad oggi, di due strumenti per procedere alle assunzioni di personale:
• da una parte può assumere autonomamente, utilizzando direttamente spazi assunzionali propri ed applicando la consueta regola del turnover al 100%, ex comma 229 della legge 208/2015, senza alcun adeguamento del limite del trattamento accessorio;
• dall’altra può avvalersi – seppur assumendo direttamente – di spazi assunzionali ulteriori, ceduti (ex art. 32, comma 5, Tuel) dai Comuni “virtuosi” (così come definiti in base alla “nuova” normativa in materia, ovvero capaci di assumere a tempo indeterminato aumentando la propria spesa di personale nel rispetto dei valori soglia), concretamente aumentando la propria dotazione organica. In questo caso – in cui il beneficio (o, per così dire, il “bonus assunzionale”) transita dal Comune all’Unione – verranno assunte dall’Unione anche le due conseguenze (o corollari) degli spazi assunzionali aggiuntivi, ovvero: la deroga ai commi 557 e 562 (ex art. 7 co. 1 del D.M. del 17 marzo 2020) e la possibilità di adeguamento del limite del trattamento accessorio (ex art. 33, comma 2 ultimo periodo, del D.L. 34/2019).

Tale ultima interpretazione, precisa la Sezione, risulta infatti coerente con il senso sotteso all’art. 5, comma 3, dello stesso D.M. 17 marzo 2020, che concede addirittura spazi in più ai piccoli comuni (ovvero con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti), affinché siano utilizzati per l’Unione alla quale aderiscono (ma attraverso l’istituto del “comando”).
Inoltre, diversamente opinando, ci si troverebbe di fronte a due paradossi: la possibilità, per l’Unione, di utilizzare ulteriori spazi assunzionali ceduti, per poi dover “comprimere” la spesa entro il limite previsto dal comma 562 della L. 296/2006; e lo svantaggio, per i Comuni, di aderire all’Unione, se le uniche assunzioni possibili per questa fossero nella misura del 100% della spesa dei cessati dell’anno precedente, senza poter utilizzare gli spazi dell’aderente comune virtuoso.

Ovviamente, però, i Magistrati contabili ci tengono a precisare che anche le assunzioni attraverso cessione di spazi assunzionali potranno avvenire soltanto a condizione che i comuni ne tengano conto come se si trattasse di maggiore spesa propria ai fini dell’art. 33, comma 2, del D.L. 34/2019, oltre che delle disposizioni generali sul contenimento della spesa di personale.

Del resto, una lettura in tal senso orientata si pone anche a salvaguardia del principio di necessario coordinamento della finanza pubblica, sotteso alla finalità, evidenziata dalla Sezione delle Autonomie con la già cit. pronuncia n. 4/2021/QMIG – attraverso il rinvio alla sentenza n. 22/2014 della Corte Costituzionale – finora perseguita dal legislatore, di incentivare le Unioni di comuni “orientate ad un contenimento della spesa pubblica, creando un sistema tendenzialmente virtuoso di gestione associata di funzioni (e, soprattutto, di quelle fondamentali) tra Comuni, che mira ad un risparmio di spesa sia sul piano dell’organizzazione amministrativa, sia su quello dell’organizzazione politica”.