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Riassorbimento del personale in caso di recesso dell’ente da un’Unione di comuni

Come ribadito dalla Sezione autonomie nella deliberazione n. 8/AUT/2011/QMIG, la gestione del personale e la verifica dei limiti quantitativi di spesa delle Unioni doveva e deve tuttora essere effettuata in quota parte da ciascuno dei Comuni associati.

Applicando il principio indicato sopra, in caso di recesso dall’Unione, i dipendenti dell’Unione possono essere reinquadrati negli Enti di appartenenza a condizione che questi ultimi, a seguito della costituzione dell’Unione, abbiano mantenuto i posti in organico e non li abbiano coperti con nuove assunzioni, ovvero abbiano ridotto la dotazione organica in misura corrispondente al numero dei dipendenti transitati nell’Unione. In tal modo, viene garantita la continuità nell’erogazione dei servizi ma, al contempo, viene garantito il rispetto del vincolo di non esorbitanza degli spazi assunzionali stabiliti per i diversi enti riconducibile alla gestione in forma associata delle funzioni trasferite all’Unione, di modo che il numero dei dipendenti del Comune dopo il recesso dall’Unione non sia superiore a quello precedente alla costituzione dell’Unione medesima ed il vincolo di coordinamento della finanza pubblica finalizzato al contenimento della spesa del personale sia rispettato. In altri termini, il ricorso all’Unione per l’esercizio associato di funzioni e servizi non deve mai essere un mezzo per aumentare gli spazi assunzionali degli Enti locali né nella fase della sua costituzione né tantomeno in quella del suo scioglimento, anche nei confronti di uno solo dei partecipanti attraverso il recesso, ma deve piuttosto rappresentare una modalità organizzativa finalizzata ad assicurare, a regime, progressivi risparmi di spesa in materia di personale, come prescritto dall’art. 32, comma 5, del TUEL e, come recentemente ricordato da questa Sezione nella deliberazione n. 99/2020/QMIG secondo la quale: “Il modello dell’Unione rappresenta, nelle intenzioni del legislatore, uno strumento di razionalizzazione dell’impiego di risorse pubbliche nell’ottica del raggiungimento di economie di scala e quindi del rispetto dei principi di efficienza, efficacia, economicità. Tali finalità vanno inquadrate nell’ambito nella disciplina di coordinamento della finanza pubblica, come palesemente conferma la previsione di cui all’art. 32 comma 5 del TUEL. Omissis.” Analogamente, il rientro in organico al Comune dei dipendenti assunti dall’Unione in sostituzione del personale cessato e originariamente trasferito dal Comune non è assimilabile ad una nuova assunzione e, pertanto, non soggiace, stante l’effetto finanziariamente neutrale sul contenimento della spesa di personale, alle specifiche limitazioni stabilite dalla disciplina finanziaria.

È evidente, quindi, che, in linea di principio, i Comuni che hanno costituito l’Unione devono considerare, nella loro spesa di personale, la quota di loro competenza sostenuta dall’Unione, cosicché in caso di recesso e, per l’effetto, di riassorbimento dei dipendenti da parte dell’Ente locale non dovrebbe porsi alcun problema di osservanza dei vincoli di spesa, dovendo quest’ultima essere già sta conteggiata in via continuativa da ciascun Comune.

Lo ha affermato la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti dell’Emilia Romagna con deliberazione n. 118/2020/PAR.

Alla luce della normativa di favore introdotta dall’art. 22, commi 5-bis e 5-ter, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, la cui ratio è quella di offrire un contributo, in termini di flessibilità, alla gestione in forma associata di alcune funzioni fondamentali a livello locale, anche attraverso forme semplificate di passaggio di personale dai Comuni aderenti all’Unione proprio per assicurare la continuità dell’azione amministrativa in capo all’Unione medesima nell’esercizio di tali funzioni, non può che concludersi nel senso della stretta correlazione di tale disciplina con l’esercizio delle funzioni in forma associata attraverso l’Unione di comuni e per la durata del trasferimento di tali funzioni. Il recesso da parte di uno o più Comuni o lo scioglimento dell’Unione nella misura in cui consente al Comune di riappropriarsi delle funzioni comporta che tutto il personale di cui l’Unione ha potuto disporre per la gestione in forma associata delle funzioni e dei servizi comunali debba ragionevolmente poter rientrare nella dotazione organica dell’Ente locale recedente, in considerazione dell’invarianza finanziaria che qualifica il rientro del personale dall’Unione al Comune di origine secondo lo spazio assunzionale ad esso imputabile.

Quindi, afferma ancora il Collegio, al venire meno dell’adesione all’Unione da parte di un Comune, al pari dello scioglimento dell’Unione con effetti in tale ultimo caso per tutti i Comuni partecipanti, deve essere consentito al Comune recedente di riassorbire tanto il personale, quanto riappropriarsi delle capacità assunzionali non utilizzate dall’Unione ma riconducibili al Comune medesimo, quanto ancora il personale assunto dall’Unione proprio utilizzando le capacità assunzionali cedute dal Comune o, se non cedute, utilizzando il turnover di personale cessato di provenienza del Comune medesimo.

In altre parole, il ritrasferimento al Comune – per recesso dall’Unione o per scioglimento di quest’ultima – delle funzioni attribuite all’Unione non può che determinare la possibilità di riassorbire il personale originariamente trasferito, così come quello assunto dall’Unione esercitando le capacità assunzionali del Comune. Si tratta, infatti, di spazi o capacità assunzionali connessi alle funzioni trasferite all’Unione e che, a seguito dell’uscita del Comune da quest’ultima, non potrebbero permanere in capo all’Unione perché non svolge più la funzione conferitale dal Comune.

Tale caratteristica, che è peculiare della gestione associata di servizi e funzioni attraverso lo strumento dell’Unione di comuni, consente di distinguere tale ritrasferimento sia da una nuova assunzione sia dall’ordinaria forma di mobilità, in quanto strettamente e imprescindibilmente connessa al ritrasferimento delle funzioni conferite all’Unione, fermo restando il rispetto dei limiti della spesa di personale.

In altri termini, tale ritrasferimento non può determinare un incremento della suddetta spesa rispetto a quella risultante dalla somma della spesa sostenuta per il personale in servizio presso il Comune e quella relativa alla quota di spesa per il personale in servizio presso l’Unione e gravante sul primo.

In definitiva, mentre nell’ipotesi di costituzione dell’Unione la spesa del personale ad essa transitato per mobilità continua ad essere ugualmente inclusa all’interno dei bilanci degli Enti aderenti, nella contraria ipotesi di scioglimento dell’Unione, o di recesso di uno dei Comuni aderenti, il rientro di tale personale non può mutare in aumento il computo complessivo della spesa di personale. In sintesi, il principio dell’invarianza finanziaria deve governare gli spazi assunzionali degli Enti costituiti in Unione, segnatamente in caso di recesso di un Ente o di scioglimento dell’Unione, con la conseguenza che non può mai determinarsi una variazione in aumento della spesa di personale a garanzia del rispetto dei vincoli posti dalle norme di coordinamento della finanza pubblica in tale materia.