Con l’ordinanza n. 29094 del 4 novembre 2025, la Sezione Lavoro della Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: «in tema di pubblico impiego privatizzato, l’esistenza, anche continuativa, di leciti rapporti personali extralavorativi tra un dipendente e un superiore non ha alcun rilievo né sul piano della legittimità degli atti gestori, né sul piano della valutazione delle condotte degli interessati, salvo che nel caso di selezioni di diritto privato comportanti valutazioni discrezionali dei candidati per l’attribuzione di incarichi di rilievo, come quello di posizione organizzativa, ipotesi rispetto alle quali la PA è tenuta ad assicurare l’imparzialità di chi sia preposto alla scelta, in attuazione del principio di imparzialità che comunque ne connota l’operato ai sensi dell’art. 97 della Costituzione e che si traduce in corrispondenti obblighi di correttezza e buona fede, trovando applicazione le regole di cui all’art. 51 c.p.c., ivi compresa quella atipica che impone di evitare, secondo un costante indirizzo interpretativo, l’assunzione della decisione da parte di chi abbia con taluno un rapporto personale di tale intensità da fare sorgere il sospetto che il giudizio non sia stato improntato al rispetto dei menzionati principi».
Nel caso si specie, la Corte d’Appello, riformando la sentenza emessa dal Tribunale, aveva giustamente riconosciuto ai rapporti extra lavorativi esistenti tra il Presidente della Commissione di selezione e l’altro candidato – risultato vittorioso – un carattere tale da integrare una situazione di incompatibilità e da comportare l’annullamento della procedura selettiva di cui si discute.
Peraltro, a giudizio della Cassazione, a nulla rileva il fatto che nella fattispecie la composizione della Commissione fosse a tre membri, posto che l’imparzialità del collegio giudicante può essere potenzialmente influenzata anche dalla presenza di un solo membro in posizione di incompatibilità.
