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Non comporta esclusione dal concorso il mancato superamento del periodo di prova in un precedente rapporto di lavoro pubblico

Come noto, l’art. 2 del dPR n. 487 del 1994, al comma 3 (oggi comma 7 n.d.r.), prevede che “Non possono accedere agli impieghi (…) coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento (…)”.

Secondo la Cassazione (sentenza n. 22466 del 26 luglio 2023), tuttavia, la dispensa per persistente insufficiente rendimento non può essere equiparata a questi fini al mancato superamento del periodo di prova.

L’art. 70, comma 13, del d.lgs. n. 165 del 2001 dispone, infatti, che “in materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni applicano la disciplina prevista dal D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni ed integrazioni, per le parti non incompatibili con quanto previsto dagli artt. 35 e 36, salvo che la materia venga regolata, in coerenza con i principi ivi previsti, nell’ambito dei rispettivi ordinamenti“. E l’art. 17 della richiamata fonte normativa (Assunzioni in servizio), al comma 1, prevede che i candidati dichiarati vincitori sono assunti in prova nel profilo professionale di qualifica o categoria per il quale risultano vincitori, e che la durata del periodo di prova è differenziata in ragione della complessità delle prestazioni professionali richieste e sarà definita in sede di contrattazione collettiva, i provvedimenti di nomina in prova sono immediatamente esecutivi.

Dunque tutte le assunzioni alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche sono assoggettate all’esito positivo di un periodo di prova, e ciò avviene ex lege e non per effetto di patto inserito nel contratto di lavoro dall’autonomia contrattuale e che l’autonomia contrattuale è abilitata esclusivamente alla determinazione della durata del periodo di prova, ma tale abilitazione è data dalle norme esclusivamente alla contrattazione collettiva, restando escluso che il contratto individuale possa discostarsene (Cass., n. 21376 del 2018).

Orbene, a giudizio della Cassazione, il persistente insufficiente rendimento nella prestazione lavorativa non solo determina un inadempimento di tale gravità da dare luogo alla dispensa dal servizio, ma assume una valenza oggettiva impeditiva ex lege dell’accesso agli impieghi pubblici.

Diversamente, il periodo di prova è diretto ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore di lavoro che il lavoratore possono verificare la reciproca convenienza del contratto, accertando il primo le capacità del lavoratore e quest’ultimo, a sua volta, valutando l’entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto (si v., Cass., n. 26669 del 2018), e il mancato superamento dello stesso esaurisce i suoi effetti nel recesso del datore di lavoro dal rapporto contrattuale cui accede.

Deve pertanto escludersi che la risoluzione di un precedente rapporto di lavoro pubblico per mancato superamento del patto di prova possa precludere l’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro con la Pubblica Amministrazione.