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Milleproroghe, salta l’emendamento che consentiva il cumulo dei resti assunzionali con le facoltà assunzionali ordinarie

La scure dell’inammissibilità ha colpito duramente il ddl di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 (c.d. Milleproroghe), facendo cadere circa 900 dei 2.387 correttivi presentati presso le commissioni Bilancio e Affari Costituzionali della Camera.

L’inammissibilità ha colpito, tra le altre, anche quella proposta di modifica che puntava a superare l’interpretazione restrittiva proposta di recente dalla Ragioneria Generale dello Stato in merito all’utilizzo dei resti assuzionali, consentendo ai comuni che si collocano al di sotto del primo valore soglia di utilizzare, per il periodo 2020-2024, in aggiunta alle percentuali annuali massime di incremento del personale in servizio, anche le facoltà assunzionali residue derivanti dalle cessazioni di personale dei cinque anni antecedenti al 2020 (emendamento 2.6).

A questo punto non resta che auspicare che la questione si risolva in sede tecnica, come richiesto espressamente da Anci con lettera del 27 gennaio scorso indirizzata alla Conferenza Stato – Città e Autonomie locali.

In ogni caso riteniamo opportuno evidenziare che, anche aderendo alla tesi più restrittiva proposta dal Ministero, non appare del tutto corretto sostenere che i Comuni più virtuosi debbano annualmente contenere la propria spesa complessiva di personale entro il limite di quella del 2018 maggiorata degli incrementi percentuali individuati dalla Tabella 2 del comma 1 dell’articolo 5 del decreto attuativo.

Fermo restando, infatti, che i valori percentuali riportati in tabella rappresentano un incremento rispetto alla base «spesa di personale 2018», per cui la percentuale individuata in ciascuna annualità successiva alla prima ingloba la percentuale degli anni precedenti (come chiaramente esplicitato dalla circolare ministeriale del 13 maggio 2020), alcuni enti potrebbero aver legittimamente assunto un cospicuo numero di dipendenti nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2019 ed il 19 aprile 2020 (avvalendosi dei resti assunzionali del quinquennio precedente), portando così la propria spesa del personale ad un livello superiore rispetto a quella del 2018 già prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina normativa.

Sicché, pur non potendo più cumulare l’utilizzo dei resti assunzionali dei cinque anni antecedenti al 2020 con le assunzioni derivanti dall’applicazione delle nuove disposizioni normative ex articolo 33, comma 2, del decreto legislativo n. 34/2019, riteniamo comunque opportuno che i Comuni c.d. “virtuosi” continuino a considerare come limite massimo di spesa quello previsto dal valore soglia di riferimento di cui all’articolo 4, comma 1 – Tabella 1, del decreto attuativo.