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I dipendenti in regime di part-time non superiore al 50% possono instaurare rapporti con altri enti

Con la recente sentenza n. 22497 del 18 luglio 2022, la Sezione Lavoro della Cassazione ha affermato che il richiamo operato dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001 alla deroga prevista, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, “dall’articolo 1, commi 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662” non si estende al comma 56 dell’art. 1 della legge n. 662 del 1996 il quale, invece, stabilisce che “Le disposizioni di cui all’articolo 58, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché le disposizioni di legge e di regolamento che vietano l’iscrizione in albi professionali non si applicano ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno“.

Ciò si spiega perché l’art. 58, comma 1, del d.lgs. n. 29 del 1993 è stato sostituito proprio dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001.

Ne deriva che il regime dei “dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno” non è interessato dalla regolamentazione introdotta dall’art. 53 comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001 e, quindi, dal richiamo ivi contenuto ai “commi 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662” (con l’unica eccezione di quanto stabilito dal comma 58 bis, su cui si tornerà in seguito).

Questa conclusione è confermata dal comma 60 dell’art. 1 della legge n. 662 del 1996, disposizione questa coerentemente ricompresa nel rinvio all’art. 1 della legge n. 662 del 1996 presente nell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, il quale prescrive che “Al di fuori dei casi previsti al comma 56, al personale è fatto divieto di svolgere qualsiasi altra attività di lavoro subordinato o autonomo tranne che la legge o altra fonte normativa ne prevedano l’autorizzazione rilasciata dall’amministrazione di appartenenza e l’autorizzazione sia stata concessa. La richiesta di autorizzazione inoltrata dal dipendente si intende accolta ove entro trenta giorni dalla presentazione non venga adottato un motivato provvedimento di diniego“.

Non a caso il comma 6 dell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 stabilisce, per quel che qui interessa, che “I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all’articolo 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Sono nulli tutti gli atti e provvedimenti comunque denominati, regolamentari e amministrativi, adottati dalle amministrazioni di appartenenza in contrasto con il presente comma.
Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso (…)
“.

I commi da 7 a 13 dell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 sono proprio quelli che regolano l’autorizzazione degli incarichi retribuiti dei dipendenti pubblici da parte dell’amministrazione di appartenenza, il versamento del compenso per l’incarico non consentito alla P.A., il divieto di conferimento di incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza “la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi” da parte di enti pubblici, enti pubblici economici e soggetti privati, la richiesta di autorizzazione all’amministrazione di appartenenza e la relativa procedura.

Ne deriva, afferma la Corte, che il comma 58 dell’art. 1 della legge n. 662 del 1996, che vieta la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale qualora l’attività lavorativa di lavoro subordinato debba intercorrere con un’amministrazione pubblica, non può riferirsi ai “dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno“.

Per ciò che concerne invece il successivo comma 58 bis, per il quale i dipendenti degli enti locali possono svolgere prestazioni per conto di altri enti previa autorizzazione rilasciata dall’amministrazione di appartenenza, i Giudici evidenziano che la disposizione deve essere letta nella sua interezza.

Infatti, essa contiene, in effetti, un riferimento ai “dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno“, in quanto dispone che “Ferma restando la valutazione in concreto dei singoli casi di conflitto di interesse, le amministrazioni provvedono, con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, ad indicare le attività che in ragione della interferenza con i compiti istituzionali, sono comunque non consentite ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno. I dipendenti degli enti locali possono svolgere prestazioni per conto di altri enti previa autorizzazione rilasciata dall’amministrazione di appartenenza“.

Peraltro, tale riferimento riguarda esclusivamente i decreti ministeriali con i quali le amministrazioni provvedono, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, ad indicare le attività che, in ragione della interferenza con i compiti istituzionali, sono comunque non consentite ai loro dipendenti, mentre la menzione, contenuta alla fine del citato comma 58 bis, del fatto che “I dipendenti degli enti locali possono svolgere prestazioni per conto di altri enti previa autorizzazione rilasciata dall’amministrazione di appartenenza” serve solo a chiarire che, per “I dipendenti degli enti locali“, è possibile chiedere comunque un’autorizzazione anche in questi casi.