Skip to content

Esenzione ICI/IMU per gli immobili religiosi se abitazione dei membri della comunità

Con la sentenza n. 7980 del 11/03/2022 la Cassazione si è espressa nuovamente sui presupposti dell’esenzione ICI, ma valevole anche ai fini IMU, sugli immobili utilizzati dagli enti non commerciali destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività religiose, di cui all’art. 7, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 546 del 1992.

La Cassazione ha confermato la sussistenza dei presupposti per l’esenzione ICI, negata invece dalla CTR, anche se gli immobili da assoggettare al tributo non sono di fatto destinati ad attività di culto o religiose bensì dichiaratamente adibiti ad alloggi dei religiosi. 

La Cassazione a tal proposito ricorda che in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’esenzione prevista dall’art. 7, comma primo, lett. i), del d.lgs. n. 504 del 1992, è subordinata alla compresenza di un requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo nell’immobile di attività di assistenza o di altre attività equiparate dal legislatore ai fini dell’esenzione, e di un requisito soggettivo, costituito dallo svolgimento di tali attività da parte di un ente pubblico o privato che non abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali (art. 87, comma primo, lett. c), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, cui il citato art. 7 rinvia).

Precisa inoltre che “la sussistenza del requisito oggettivo – che in base ai principi generali è onere del contribuente dimostrare – non può essere desunta esclusivamente sulla base di documenti che attestino a priori il tipo di attività cui l’immobile è destinato, occorrendo invece verificare che tale attività, pur rientrante tra quelle esenti, non sia svolta, in concreto, con le modalità di un’attività commerciale (Cass.n. 20776/2005, n. 19072/2019)”.

Nel caso in esame la CTR ha fatto riferimento unicamente alla destinazione degli immobili a foresteria dei ministri di culto, equiparando di fatto i beni ad abitazioni private non soggette alle pratiche di culto religioso, non valutando in concreto il corredo probatorio offerto dalla contribuente.

La Cassazione richiama una pronuncia dove statuiva che “l’esenzione in esame, prevista per gli immobili destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività di religione o di culto di cui all’art. 16, lett. a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, spetta ad un ente ecclesiastico in relazione ad un immobile destinato ad abitazione di membri della propria comunità religiosa, con modalità assimilabili all’abitazione di una unità immobiliare da parte del proprietario e dei suoi familiari, comportando tale destinazione lo svolgimento di un’attività non commerciale, ma diretta alla “formazione del clero e dei religiosi”, espressamente compresa nell’elencazione di cui all’art. 16, lett. a) cit. ed avente altresì le caratteristiche di attività “ricettiva”, parimenti inclusa nell’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i) cit. e da intendersi riferita all’ospitalità ed accoglienza di persone in genere, non necessariamente terze ed estranee all’ente proprietario (Cass. n. 26654/2009 e, con riferimento alle parti in causa, Cass. n. 19180/2019)”.

Si precisa infine che la medesima esenzione è stata confermata in ambito IMU dall’art. 9 co. 8 D.L. 23/2021 ed ancora dall’art. 1 co. 759 L. 160/2019, a favore dei soggetti di cui all’art. 7 co. 1 lett. i) D.Lgs. 504/1992 possessori di immobili destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività non lucrative elencate nella stessa lett. i) della norma per l’ICI.