In previsione della prossima revisione periodica delle società partecipate, è utile richiamare quanto osservato nella deliberazione n. 39/2025/PASP, dalla Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna; nell’analizzare l’acquisizione di una partecipazione indiretta da parte di un Comune, i magistrati contabili hanno formulato una interessante indicazione in merito ai poteri di controllo degli enti locali soci di società a maggioranza privata. Nel caso affrontato, i magistrati contabili escludono che l’ente possa esercitare un’attività di controllo secondo quanto previsto dal TUSP, non disponendo, neppure congiuntamente con altri soci pubblici, della maggioranza dei voti. La società in questione non risulta pertanto a controllo pubblico e di conseguenza, le società dalla stessa partecipate, non possono inquadrarsi come partecipazioni indirette degli enti locali soci della capogruppo.
L’aspetto di rilievo della deliberazione in oggetto, riguarda le conseguenze dell’assenza del requisito del controllo sull’autonomia decisionale della società a maggioranza privata: di fatto, laddove si ammettesse comunque la possibilità di esercitare una forma di controllo degli enti locali sebbene non dispongano di partecipazione maggioritaria, si rischierebbe di comprimere la “libertà di impresa”. Di seguito riportiamo stralcio in oggetto della richiamata deliberazione n. 39/2025/PASP: “6.1 Non può ritenersi coerente con il quadro normativo vigente alcuna forma di controllo pubblico sulla Società ……… S.p.A. Ne consegue che le ulteriori partecipazioni oggetto di acquisizione tramite ……… S.p.A. non sono qualificabili come partecipazioni indirette per il Comune di ………………. ai sensi della disciplina del T.U.S.P. più sopra richiamata e non rilevano ai fini dell’applicazione delle norme del medesimo T.U.S.P., compreso il controllo sugli atti deliberativi di costituzione o acquisto di partecipazioni di cui all’art.5 del testo normativo.
Una diversa opzione interpretativa volta a sussumere l’operazione di ……… S.p.A. nell’àmbito delle prescrizioni dell’art. 5 T.U.S.P., oltre che non trovare riscontro nella lettera della legge e non essere, pertanto, confortata da concorrenti indirizzi giurisprudenziali, sarebbe difficilmente armonizzabile con l’art. 41 Cost. Accogliere una simile interpretazione si tradurrebbe in una sostanziale compressione della “libertà d’impresa” o in una ingiustificata “procedimentalizzazione in chiave pubblicistica” delle scelte strategiche di mercato di ……… S.p.A. con la conseguenza (per certi versi paradossale) di alterare il posizionamento dell’impresa sul mercato di riferimento ed il corretto funzionamento del sistema di competitività concorrenziale (ex multis Corte Cost., sent. n. 140 del 2024). Nella fattispecie, in sostanza, la richiesta ha ad oggetto l’irrituale condivisione di una precisa scelta finanziaria e di mercato, che dovrà trovare esito nella sede sua propria.”
L’orientamento sopra riportato accende i riflettori su tutti quei casi, non così marginali, dove l’ente locale, singolarmente o con altri enti pubblici, partecipa con quota di minoranza, a società di capitali: se tale situazione non può ledere la “libertà di impresa”, e quindi l’autonomia della società nell’operare scelte di mercato, occorrerà individuare robuste motivazioni per sostenere, ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. 175/2016, il mantenimento della partecipazione in tale società. Da tale condizione sarebbero escluse, per genesi procedurale, le sole società miste costituite come partenariato cd “istituzionale” ai sensi dell’art. 17 del D. Lgs. 175/2016.