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Segretari comunali: giudicata inammissibile dalla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2-bis, del D.L. n. 90/2014

Con sentenza n. 181/2022 la Corte Costituzionale ha giudicato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 2-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, in legge 11 agosto 2014, n. 114, sollevate, anche in combinato disposto con il comma 1 dello stesso art. 10, in riferimento agli artt. 3, 36, 77 e 97 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Lucca (sezione lavoro).

Quest’ultima disposizione, lo ricordiamo, individua le situazioni che consentono il mantenimento dei diritti di rogito, pur a fronte della generale soppressione degli stessi per intervenuta abrogazione della norma che, da ultimo, li aveva introdotti (l’art. 41, quarto comma, della legge n. 312 del 1980, per l’appunto abrogato dal comma 1 dell’art. 10 in esame). Tali situazioni, in base al testo del comma 2-bis del richiamato art. 10, concernono, da un lato, «tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale» e, dall’altro, quelli che prestano servizio presso gli «enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale». Come da ultimo precisato dalla giurisprudenza della Corte dei conti, alla stregua della disposizione in esame i diritti di rogito, nei limiti stabiliti dalla legge, competono sia ai segretari comunali di fascia «C», non aventi cioè qualifica dirigenziale, sia a quelli appartenenti alle fasce professionali «A» e «B», aventi cioè qualifica dirigenziale, purché esercitino le loro funzioni presso enti nei quali siano assenti figure dirigenziali (Corte dei conti, sezione per le autonomie, delibera 30 luglio 2018, n. 18).

Vale tuttavia la pena precisare che con le sentenze di inammissibilità la Corte non entra nel merito della questione, ma si ferma ad accertare la insussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per una pronuncia sulla fondatezza della questione.

Nel caso di specie, infatti, l’inammissibilità della questione è imputabile esclusivamente alle carenze che affliggono l’ordinanza di rimessione.