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Pubblicati alcuni chiarimenti Aran in materia di trattamento accessorio del personale dirigente

In data odierna l’Aran ha pubblicato nella propria banca dati due nuovi interessanti orientamenti applicativi concernenti la corretta determinazione della retribuzione accessoria spettante al personale dirigente dell’Area delle Funzioni Locali.

Con il primo dei due (AFL60a), l’Agenzia spiega in dettaglio il funzionamento della clausola di salvaguardia economica prevista dall’art. 31 del CCNL dell’Area Funzioni Locali 2016-2018, evidenziando che la disposizione contrattuale in esame è molto chiara nell’indicare il “differenziale” di posizione (e non la retribuzione di posizione complessiva dell’incarico originario attribuito precedentemente alla riorganizzazione) come elemento retributivo che subisce la riduzione di 1/3 ogni anno fino ad annullarsi.
Un esempio numerico può aiutare a comprendere meglio il funzionamento di questa clausola.
Poniamo il caso di un dirigente che per effetto di una riorganizzazione interna si veda attribuire un incarico di minor valore economico, con una riduzione dell’importo della retribuzione di posizione annua spettante da 100 a 50.
Nel caso in cui la contrattazione integrativa stabilisse di dare applicazione alla citata clausola contrattuale riconoscendo al dirigente medesimo un differenziale idoneo a garantirgli un complessivo valore di retribuzione di posizione pari all’80% di quella connessa al precedente incarico, inizialmente (ovverosia fino alla data di scadenza dell’incarico precedente) l’Ente dovrebbe riconoscergli un differenziale di posizione di 30.
Nei tre anni successivi a tale scadenza, invece, il valore di tale differenziale si ridurrebbe di 1/3 il primo anno (passando da 30 a 20) e di un ulteriore terzo il secondo anno (passando da 20 a 10), per cessare definitivamente di essere corrisposto dal terzo anno in poi.

Relativamente invece alla corretta applicazione della disposizione contrattuale di cui all’art. 30, comma 2, del CCNL del 17 dicembre 2020, dedicato alla “Differenziazione e variabilità della retribuzione di risultato”, l’Aran ha rappresentato quanto segue (AFL61a):
il comma 2 del citato articolo 30 recita testualmente “Nell’ambito di quanto previsto al comma 1, ai dirigenti che conseguano le valutazioni più elevate, in base al sistema di valutazione adottato dall’amministrazione, è attribuita una retribuzione di risultato con importo più elevato di almeno il 30%, rispetto al valore medio pro-capite delle risorse destinate alla retribuzione di risultato. Gli enti che abbiano dato attuazione alla disciplina di cui al comma 5 possono definire un minor valore percentuale, comunque non inferiore al 20%.”.
I successivi commi 3 e 4 precisano che “La misura percentuale di cui al comma 2 è definita in sede di contrattazione integrativa di cui all’art. 45, comma 1, lett. b) e di cui all’art. 66 (Contrattazione integrativa: materie), comma 1, lett. b).” e che “Nelle medesime sedi di contrattazione integrativa di cui al comma 3 è altresì definita una limitata quota massima di dirigenti valutati a cui viene attribuito il valore di retribuzione di risultato definito ai sensi del comma 3.”.
Il richiamato art. 45, rubricato “Contrattazione integrativa: materie”, al comma 1 lettera b), precisa, a sua volta, che tra le materie oggetto di contrattazione integrativa vi sono i “criteri per la determinazione della retribuzione di risultato, tenendo conto di quanto previsto dall’art. 30”.
Orbene, come si evince chiaramente dalle disposizioni contrattuali sopra citate, l’applicabilità della disposizione in esame è subordinata alla definizione, in sede di contrattazione integrativa, della misura percentuale di differenziazione e della limitata quota massima di dirigenti beneficiari. Si tratta, come espressamente previsto al comma 2, di una quota di quei dirigenti che conseguano la valutazione più elevata e tale quota nonché il conteggio di cui al comma 7 sono da riferirsi a tutti i dirigenti in servizio presso le singole amministrazioni locali.
Per completezza di informazione si tenga conto che il contratto collettivo integrativo ha durata triennale e si riferisce a tutte le materie di cui all’art. 45 e che soltanto le materie di cui all’art. 45, comma 1, lett. a), sono negoziate con cadenza annuale.