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Non si può estinguere un debito tributario cedendo un terreno al Comune

La Corte dei Conti Sezione regionale di controllo per il Piemonte, con Delibera n. 35/2020/SRCPIE/PAR, affronta un tema singolare ma dai risvolti interessanti. Un utente ha chiesto di poter effettuare compensazione tramite permuta di terreno di sua proprietà, al fine di compensare un debito IMU che ha nei confronti del Comune. La questione consiste nella possibilità da parte di un ente locale di accettare, in luogo dell’adempimento di un’obbligazione tributaria, consistente nel pagamento in denaro dell’imposta dovuta da parte del soggetto passivo, una prestazione diversa costituita dalla cessione di un terreno.

Dapprima la Corte ricorda che l’ordinamento disciplina l’ipotesi di “datio in solutum” all’art. 1197 c.c., in base al quale “il debitore non può liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, anche se di valore uguale o maggiore, salvo che il creditore consenta”.

Poi però viene richiamato che dottrina e giurisprudenza concordano sull’effetto liberatorio qualora derivi da un contratto con “causa solutoria” stipulato tra creditore e debitore in base al quale l’obbligazione originaria si estingue con l’esecuzione della prestazione convenuta “in luogo” dell’esatto adempimento.
Tuttavia la Corte ritiene che non possa essere applicabile quanto detto sopra alle obbligazioni tributarie data la natura indisponibile delle stesse la cui disciplina, ai sensi dell’art. 23 costituzione, è basata sul principio di legalità, per cui il rapporto è vincolato e nulla è lasciato alla disponibilità delle parti.

I giudici ricordano che il legislatore ha disciplinato specifiche ipotesi di adempimento mediante datio in solutum, per le imposte sui redditi nell’art. 28-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 e per l’imposta sulle successioni e donazioni nell’articolo 39 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, ma che in tali ipotesi la normativa disciplina in modo dettagliato il procedimento per la cessione dei beni culturali in luogo del pagamento dell’imposta, demanda le condizioni e la determinazione del valore di cessione dell’immobile ad un decreto interministeriale, sentita un’apposita commissione, nonché stabilisce le modalità di versamento dell’imposta derivante dalla differenza tra il valore del bene e l’imposta da assolvere e le ipotesi di mancata accettazione della proposta.

Non risultando analoga normativa specifica relativa ai tributi locali, la Corte conclude che “non si ritiene possibile il ricorso generalizzato all’istituto della datio in solutum ex art. 1197 c.c., previsto dal legislatore esclusivamente per le imposte sul reddito e per l’imposta sulle successioni e donazioni, in materia di beni culturali. Inoltre, l’accettazione di una prestazione in luogo dell’adempimento di un debito tributario, determinerebbe come conseguenza la cancellazione di residui attivi. Ciò, inciderebbe in modo negativo sul risultato di amministrazione in particolar modo qualora dette prestazioni venissero considerate generalmente ammesse e la facoltà venisse riconosciuta a tutti i contribuenti in assenza di una disciplina specifica e tassativa”.

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