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Non è più consentito finanziare gli incrementi retributivi delle PO con riduzioni delle facoltà assunzionali

Con deliberazione n. 83/2021/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Lombardia ha ritenuto condivisibili le conclusioni cui è giunta recentemente la Sezione regionale della Toscana (cfr. delibera n. 1/2021), secondo la quale deve ritenersi che “l’operatività della disciplina recata dall’art. 11 bis comma 2 del DL n. 135/2018 si sia di fatto esaurita al 20 maggio 2019, data entro la quale le posizioni organizzative ricadenti nell’ambito (soggettivo) di applicazione dell’art. 11 bis medesimo dovevano comunque cessare, così come chiaramente previsto dall’art. 13 comma 3 CCNL e come chiarito dall’ARAN”.

Deve infatti escludersi, afferma la Sezione lombarda, che l’art. 11 bis, comma 2, del D.L. 135/2018 abbia introdotto, in via generale, la possibilità di utilizzare risorse connesse ad eventuali capacità assunzionali per il finanziamento del trattamento accessorio delle posizioni organizzative di cui al nuovo CCNL funzioni locali. La norma, di fatti, come già evidenziato in passato dalla stessa Sezione, ha carattere derogatorio rispetto al limite previsto dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017. In tal senso “l’art 11 bis, comma 2, del d.l. n. 135/2018 consente una deroga alla disposizione appena ricordata, per i comuni privi di dirigenza, disponendo che l’invarianza della spesa non si applica alle indennità dei titolari di posizioni organizzative, di cui agli artt. 13 e ss. del CCNL relativo al comparto funzioni locali, limitatamente alla differenza tra gli importi già attribuiti alla data di entrata in vigore del contratto (21 maggio 2018) e l’eventuale maggior valore attribuito successivamente alle posizioni già esistenti, ai sensi dell’art. 15 del CCNL in parola. Il differenziale da escludere dal computo di cui all’art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017 è soltanto la maggiorazione delle indennità attribuite alle posizioni organizzative già in servizio al momento dell’entrata in vigore del contratto collettivo nazionale. Tale maggiorazione deve, in ogni caso, essere contenuta nei limiti di spesa per il personale, prevista dai commi 557 quater e 562 dell’art. 1 della legge n. 296/2006” (Corte dei conti, sez. reg. controllo Lombardia n. 210/2019/PAR).

L’applicazione della norma in esame, ribadisce infine il Collegio, richiede che la differenza degli importi da non computare ai fini del rispetto del limite previsto dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75 del 2017 sia emersa in occasione del passaggio alla nuova disciplina del CCNL, sia limitata alla differenza fra gli importi già attribuiti alla data di entrata in vigore del contratto e l’eventuale maggior valore attribuito in base a quest’ultimo e riguardi posizioni organizzative già in servizio alla data di tale passaggio.