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Limiti all’integrazione del Fondo risorse decentrate con i proventi delle multe

Con deliberazione n. 3/2020 PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per le Marche ha dato risposta ad una richiesta di parere in materia di utilizzo dei proventi delle sanzioni pecuniarie per violazioni del codice della strada (ex art. 208 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285) e relativa assoggettabilità ai vincoli di finanza pubblica posti dall’art. 23, comma 2, del D.Lgs. 25 maggio 2017, n. 75.

La Sezione, nell’esaminare i quesiti formulati dall’Ente, ha preliminarmente ricordato quanto più volte già ribadito dalla stessa Corte di conti in passato e cioè che, in via generale, anche tali proventi vanno computati ai fini dell’osservanza del tetto di spesa fissato dall’art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017 alle risorse stanziabili nel Fondo risorse decentrate per l’erogazione dei trattamenti retributivi di carattere accessorio (cfr. delibera della Sezione delle autonomie 9 aprile 2019, n. 5/QMIG).

Ed infatti, sebbene tutti gli emolumenti economici accessori che la giurisprudenza contabile reputa esclusi dal rispetto del suddetto limite di spesa (compensi spettanti agli avvocati interni degli enti pubblici, diritti di rogito dei segretari comunali, incentivi per “funzioni tecniche”, ecc.) siano tra loro accumunati dalla presenza di alcune peculiari caratteristiche (ossia: fonte in specifica disposizione di legge, predeterminazione della specifica categoria di dipendenti legittimati a percepirli, autofinanziamento dell’emolumento, neutralità d’impatto finanziario sul bilancio dell’ente, assoggettamento a limite di spesa complessivo), tali caratteristiche, necessarie per escludere l’emolumento retributivo accessorio dal limite di spesa ex art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017, non sarebbero però riscontrabili (sempre secondo Corte conti, sez. aut., del. 5/2019/QMIG), nella quota dei proventi ex artt. 208 c.d.s. e 56-quater CCNL 2018 confluenti nel Fondo risorse decentrate e destinati all’incentivazione del personale di polizia locale impegnato in progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e stradale, posto che “l’attuazione dei progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e stradale non genera, di per sé, economie di spesa”, anche se tale attuazione è resa possibile dall’utilizzo di proventi derivanti dalle sanzioni previste dal Codice della strada che lo stesso personale della polizia locale (mediante l’ordinaria attività di accertamento) concorre a realizzare. Ed infatti, benché gli incentivi economici al personale della polizia locale si autoalimentino con i proventi provenienti dell’attività svolta dagli stessi dipendenti, non per questo possono dirsi assolutamente neutri sul piano del bilancio, “non essendo correlati ad un effettivo incremento di entrate”, posto che la destinazione di quei proventi al trattamento accessorio del personale, ove non fosse limitata alle sole maggiori entrate, implicherebbe una speculare “riduzione della spesa per qualcuna delle altre finalità” cui, alternativamente, l’art. 208 c.d.s. impone di destinare tali risorse.

Pertanto, poiché “il potenziamento della sicurezza stradale non risulta direttamente correlato né al conseguimento di effettivi recuperi di efficienza, né ad un incremento di entrate (o a un risparmio di spesa) imputabile ad una determinata tipologia di dipendenti con effetti finanziariamente neutri sul piano del bilancio”, ne consegue che la quota dei proventi contravvenzionali, confluenti nel “Fondo risorse decentrate” per incentivare il personale della polizia locale impegnato in progetti di potenziamento dei servizi di controllo finalizzati alla sicurezza urbana e stradale, non può essere esclusa dal computo del limite posto dall’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 75/2017.

Ciononostante, pur escludendo che tali caratteristiche siano riscontrabili negli incentivi monetari alimentati dai proventi riscossi dalle contravvenzioni stradali, la medesima Corte conti, sez. aut., del. 9 aprile 2019, n. 5/QMIG ha ritenuto che l’art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017 possa non trovare applicazione nel caso in cui l’ente destini agli incentivi del personale della polizia locale “la quota di proventi contravvenzionali eccedente le riscossioni del precedente esercizio”, utilizzando così, per l’attuazione dei progetti, solo “le maggiori entrate effettivamente ed autonomamente realizzate dal medesimo personale”. In tale circostanza, “per la parte in cui i maggiori proventi riscossi confluiscono nel Fondo risorse decentrate in aumento rispetto ai proventi da sanzioni in esso affluiti nell’esercizio precedente, l’operazione risulterebbe assolutamente neutra sul piano del bilancio (non avendo alcun impatto sulle altre spese e non dando luogo ad un effettivo aumento di spesa)” e, pertanto, sarebbe esente dal vincolo di finanza pubblica stabilito dall’art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017 (sul punto, v. anche Corte conti, sez. contr. Lombardia, del. 26 settembre 2019, n. 369/PAR), in quanto si tratterebbe di emolumenti accessori aventi copertura in sanzioni amministrative al codice della strada effettivamente riscosse (e non in quelle meramente accertate, anche se ridotte dell’importo accantonato annualmente nel FCDE).

Per quanto concerne le modalità applicative ed operative della predetta deroga all’art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017, siccome la quota dei proventi contravvenzionali eccedente le riscossioni del precedente esercizio è calcolabile solo al termine dell’esercizio di riferimento, “mentre la costituzione del Fondo risorse decentrate deve invece necessariamente avvenire entro la fine dell’anno di riferimento (pena l’impossibilità di prevedere e utilizzare le risorse variabili stesse” (Corte conti, sez. contr. Lazio, del 15 marzo 2019, n. 7/PAR; Corte conti, sez. contr. Veneto, del. 31 luglio 2019, n. 201/PAR), se ne è dedotto che “spetta all’ente locale valutare la sussistenza delle condizioni (già doverosamente enucleate nei propri strumenti di programmazione e bilancio) per un’eventuale, motivata implementazione in corso d’esercizio della parte variabile del Fondo, una volta determinata la quota di proventi contravvenzionali eccedente le riscossioni del precedente esercizio (che dovrà essere all’uopo opportunamente monitorata) nei termini e alle condizioni affermate dalla Sezione autonomie” (Corte conti, sez. contr. Lombardia, del. 26 settembre 2019, n. 369/PAR).

Ora però, posto che la suddetta esenzione dalla computabilità nel tetto di spesa ex art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017 è stata dalla Sezione delle autonomie espressamente riferita alla quota dei proventi contravvenzionali “eccedente le riscossioni del precedente esercizio”, occorre capire:
1) se la medesima esenzione possa operare anche laddove la parte variabile del Fondo risorse decentrate venga implementata di una quota di proventi contravvenzionali eccedente le riscossioni del precedente esercizio finanziario, ma incassate nel corso dell’esercizio corrente, da destinare all’incentivazione del personale di polizia locale;
2) se nella parte eccedente le riscossioni effettivamente verificatesi possano essere computati sia i proventi accertati nell’esercizio precedente ed incassati in quello corrente, sia quelle derivanti dalla riscossione di ruoli provenienti da esercizi pregressi.

Ad entrambi questi quesiti la Sezione marchigiana ha ritenuto di rispondere negativamente.
In primo luogo, dirimente appare, a giudizio del Collegio, l’inequivoca portata del dispositivo racchiuso nella questione di massima risolta dalla Sezione autonomie, la quale, anche alla luce delle citate argomentazioni poste a sostegno della pronuncia nomofilattica, ha inteso circoscrive l’esenzione dal limite fissato dall’art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017 soltanto in relazione alla quota dei proventi contravvenzionali “eccedente le riscossioni del precedente esercizio”, con ciò lasciando chiaramente intendere che deve trattarsi della differenza tra le contravvenzioni riscosse nel precedente esercizio e quelle accertate e riscosse nell’esercizio successivo.
Questa lettura in senso restrittivo si impone non solo in ragione dell’efficacia giuridicamente cogente e vincolante che l’art. 6, comma 4, D.L. 174/2012 assegna alle pronunce nomofilattiche della Sezione autonomie, cui le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti debbono obbligatoriamente conformarsi nell’esercizio delle loro funzioni consultive e di controllo; ma anche in ragione delle oggettive argomentazioni che sorreggono l’iter motivazionale posto a sostegno del suddetto pronunciamento nomofilattico.

Va infatti innanzitutto osservato come la più volte ricordata portata onnicomprensiva della limitazione di spesa introdotta dall’art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017, facendo indistinto riferimento all’ “ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale”, ossia ad ogni genere di risorse funzionalmente destinate ad offrire copertura finanziaria agli oneri accessori del personale, indipendentemente dalla loro natura o fonte di provenienza o dal carattere aggiuntivo delle stesse, richiede che delle deroghe, tassativamente enucleate in sede nomofilattica al suddetto limite, debba essere offerta una lettura estremamente restrittiva, in quanto costituenti eccezioni alla regola generale dell’onnicomprensività del limite legislativo di spesa (art. 14 disp.prel.c.c.).

Ma a sostegno della soluzione negativa militano, precisa la Sezione, anche argomenti di carattere logico-sistematico, strettamente connessi alla ratio del tetto di spesa, che (come già evidenziato) viene ravvisata nell’esigenza di contenimento delle dinamiche salariali, ossia di evitare che un’implementazione incontrollata delle risorse stanziabili per il trattamento retributivo accessorio possa determinare una lievitazione altrettanto incontrollata della base retributiva che dovrà essere presa in considerazione per il calcolo degli incrementi stipendiali in vista dei successivi rinnovi della contrattazione collettiva.

Per escluderlo dalla portata (altrimenti onnicomprensiva) del limite di spesa ex art. 23 comma 2, D.Lgs. 75/2017, è necessario che l’emolumento retributivo, da un lato miri a remunerare incarichi particolari ed aggiuntivi, esorbitanti dalle ordinarie mansioni lavorative ed assegnati soltanto a specifiche tipologie di dipendenti; e dall’altro, che la provvista finanziaria per tale remunerazione aggiuntiva sia alimentata esclusivamente da risorse non gravanti sugli equilibri di bilancio dell’ente, in quanto interamente provenienti da fonti eteronome (c.d. autofinanziamento dell’emolumento) a ciò specificatamente destinate ed autonomamente predeterminate nel loro ammontare massimo. Solo in presenza di queste condizioni l’emolumento retributivo si presenta come finanziariamente neutrale per il bilancio dell’ente, ossia inidoneo a determinare una lievitazione della base retributiva di partenza in sede di rinnovo della contrattazione collettiva successiva e, pertanto, escludibile dal computo del limite complessivo di spesa fissato dall’art. 23, comma 2, D.lgs. 75/2017.

Ora, siccome l’attuazione di progetti di potenziamento dei servizi di controllo di sicurezza urbana e stradale da parte delle forze di polizia locali non è un’attività capace, di per sé, di generare (se non in via puramente eventuale ed ipotetica) maggiori entrate o maggiori economie di spesa, capaci di autoalimentare la provvista finanziaria necessaria alla copertura dell’erogazione degli incentivi, tale neutralità finanziaria (necessaria per poter escludere l’emolumento retributivo dal computo del tetto di spesa) è riscontrabile soltanto nella misura in cui l’ammontare delle risorse venga dall’ente preventivamente delimitato alle sole maggiori entrate effettivamente riscosse e causalmente riconducibili allo sviluppo dei suddetti progetti di potenziamento, perché solo in questo caso le maggiori risorse destinate all’incentivazione non richiederebbero una speculare ed opposta decurtazione delle risorse stanziabili per qualcuna delle altre finalità alternative, cui l’art. 208 c.d.s. impone di destinare le risorse provenienti dai proventi contravvenzionali; e perché solo in questo caso le maggiori entrate sarebbero eziologicamente e funzionalmente imputabili al recupero di efficienza determinato dalle attività poste in essere da coloro che, dando esecuzione al progetto, beneficiano dell’incentivo.

Affinché tale connessione funzionale tra recupero di efficienza e maggiori risorse così affluite sia riscontrabile, e quindi il limite di spesa ex art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017 in parte qua escluso, è perciò indispensabile che l’erogazione dell’incentivo venga dall’ente finanziariamente coperta soltanto con la quota dei proventi contravvenzionali eccedenti le riscossioni del precedente esercizio, accertati e riscossi nell’esercizio corrente, perché solo in questo caso le maggiori entrate riscosse possono dirsi effettivamente ed autonomamente riconducibili, sotto il profilo funzionale ed eziologico, all’attuazione del progetto di efficientamento posto in essere dalle specifiche unità di personale legittimate a percepire l’emolumento addizionale, risultando così finanziariamente neutre per il bilancio dell’ente.

Laddove all’ente venisse consentito di escludere dal tetto di spesa ex art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017 un’implementazione della parte variabile del Fondo risorse decentrate da destinare agli istituti di incentivazione del personale della polizia locale pari alla quota differenziale tra le riscossioni dei proventi contravvenzionali realizzate nel precedente esercizio e quelle realizzate nell’esercizio corrente, ma provenienti anche da accertamenti compiuti nell’esercizio precedente o, addirittura, provenienti dalla riscossione coattiva di ruoli provenienti da esercizi pregressi (e quindi più remoti), verrebbe meno quel biunivoco nesso di connessione funzionale ed eziologica tra maggiori riscossioni ed implementazione del progetto di efficientamento della sicurezza urbana e stradale, dall’organo nomofilattico imprescindibilmente richiesto per poter derogare all’onnicomprensività del tetto di spesa imposto dall’art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017: è infatti evidente come la riscossione nell’esercizio corrente di un provento contravvenzionale proveniente da accertamenti compiuti in esercizi pregressi giammai potrebbe dirsi funzionalmente ed eziologicamente riconducibile al progetto di efficientamento dei controlli di sicurezza urbana e stradale implementato nell’esercizio corrente; si tratterebbe cioè della riscossione di un’entrata non generata per effetto dell’attività incentivata e, pertanto, non finanziariamente neutrale per il bilancio dell’ente.

Non solo. La possibilità di escludere dal computo del tetto di spesa anche le quote dei proventi contravvenzionali riscosse nell’esercizio corrente ma provenienti da accertamenti compiuti in esercizi pregressi, va esclusa anche in ragione di un’ulteriore considerazione, legata al fatto che, altrimenti, verrebbe meno un ulteriore presupposto dalla giurisprudenza richiesto per poter beneficiare dell’esenzione, ossia che l’emolumento incentivante sia rigidamente parametrato ad un proprio autonomo e predeterminato limite di spesa massima complessiva: se così non fosse, infatti, potendo l’ente liberamente ed autonomamente decidere l’entità delle risorse da destinare alla corresponsione dell’emolumento incentivante, risulterebbe fin troppo agevole l’elusione del vincolo di spesa di cui all’art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017, vanificandone, di fatto, l’effettiva portata contenitiva. Solo la presenza di questo ulteriore limite di quantificabilità delle risorse garantisce il contenimento della spesa complessiva, rendendo perciò superflua l’applicazione di quello sancito, in via generale, dall’art. 23, comma 2, D.Lgs. 75/2017.

Viceversa, consentendo all’ente di ricomprendere nella suddetta quota esentabile dal limite di spesa in questione qualsiasi provento contravvenzionale riscosso nell’esercizio corrente, quale che fosse l’esercizio da cui provenisse il relativo accertamento, la corresponsione di tali emolumenti incentivanti resterebbe priva di qualsivoglia limite quantitativo, ed anzi, potrebbe addirittura fomentare la distorta prassi di ritardare o posticipare appositamente la riscossione dei suddetti proventi al fine di implementare discrezionalmente la quota variabile del Fondo da poter destinare alla suddetta finalità, vanificando così la ratio calmieratrice delle dinamiche retributive, sottesa alla norma stessa.