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Le novità della Circolare ministeriale relativa all’applicazione del D. Lgs. 116/2020

Il Ministero della Transizione Ecologica ha reso noto un comunicato (visionabile cliccando qui), tramite nota a firma del Direttore Generale, nel quale vengono forniti alcuni indirizzi per l’applicazione del Decreto Legislativo 116/2020. Il documento, annunciato oltre un mese fa, è intervenuto per provare a fare chiarezza su alcuni aspetti particolarmente innovativi apportati dalla nuova normativa in materia di economia circolare. Nei giorni scorsi abbiamo dedicato due approfondimenti alle tematiche oggetto dell’intervento ministeriale: l’approfondimento n. 7 e l’approfondimento n. 11, pubblicato proprio ieri.

Rispetto a quanto già consolidato ormai negli scorsi mesi, si evidenziano due elementi di novità:

1) termine per la dichiarazione della fuoriuscita dal servizio pubblico delle utenze non domestiche: il Ministero, dopo una premessa sulla situazione specifica creatasi nel 2021 (“si richiama il disposto dell’art. 30 comma 5 del D. L. n. 41 del 2020, in base al quale la comunicazione deve essere effettuata entro il 31 maggio di ciascun anno. Limitatamente al 2021, la medesima disposizione prevede che gli atti afferenti alla TARI (…) debbano essere approvati entro il termine del 30 giugno, sulla base del piano economico finanziario (PEF) del servizio di gestione dei rifiuti”) introduce un auspicio per una modifica normativa che può essere letto come un’indicazione: “Per gli anni successivi, in assenza di una conferma del termine di approvazione degli atti deliberativi al 30 giugno ovvero di un’apposita modifica normativa relativa al termine di presentazione della comunicazione da parte della utenza non domestica, per consentire ai comuni di gestire in tempo utile le variazioni conseguenti alla scelta del ricorso al mercato da parte delle utenze non domestiche, la relativa comunicazione dovrebbe essere effettuata l’anno precedente a quello in cui la stessa deve produrre i suoi effetti. Tale comunicazione incide, infatti, sulla predisposizione del PEF del servizio pubblico di gestione dei rifiuti urbani, ai fini della determinazione della tariffa TARI e della tariffa corrispettiva”.

Qualche riga più sotto il Ministero sembra ancora più deciso quando afferma che “Vale la pena di precisare che la comunicazione, relativa alla scelta di affidarsi a un gestore alternativo a quello del servizio pubblico, deve riportare le tipologie e le quantità dei rifiuti urbani prodotti oggetto di avvio al recupero ed ha quindi valenza a partire dall’anno successivo a quello della comunicazione”. I due periodi sembrano contraddirsi perché nel primo si auspica (“dovrebbe essere effettuata”) un intervento normativo che modifichi il termine del 31 maggio, mentre più avanti pare deciso nell’affermare (“ha quindi valenza”) che la richiesta anche qualora presentata nel corso di un anno, entro la scadenza prevista dal legislatore, abbia effetto a decorrere dall’anno successivo.

Negli approfondimenti già citati avevamo rilevato che, salvo casi rari, la fuoriuscita dal servizio pubblico e l’attuale regime di avvio a recupero/riciclo dei rifiuti (ormai ex) assimilati producano sostanzialmente lo stesso effetto tributario. Per questo motivo, non essendo questo l’aspetto più problematico per l’anno 2021, pare opportuno prevedere che in presenza di una norma che ha validità dal 1° gennaio 2021, sia opportuno consentire la “fuoriuscita” già per l’anno in corso, purché il soggetto presenti la dichiarazione entro i termini normativamente prescritti (31 maggio 2021): a tal proposito diventa fondamentale regolamentare puntualmente la procedura di comunicazione nei regolamenti comunali. L’effetto tariffario prodotto dalla fuoriuscita sarà comunque rilevabile solo a consuntivo e le ricadute tariffarie saranno quindi più tangibili nell’annualità 2022 (sebbene nel 2021 dovrebbero ancora rilevare le riduzioni per avvio a riciclo disposte dall’articolo 1 comma 649 della Legge 147/2013).

2) l’esclusione delle superfici dove avviene la lavorazione artigianale, così come quelle su cui avviene la lavorazione industriale, sono escluse dall’applicazione dei prelievi sui rifiuti: questa tesi è nuova ed è richiamata al punto C) della Nota ministeriale: “Considerazioni analoghe a quelle svolte con riferimento ai rifiuti derivanti dalle attività industriali si estendono anche alle attività artigianali indicate nel predetto art. 184, comma 3, lett. d), del TUA”. Qui però il Ministero pare eccedere rispetto a quanto previsto dalla disposizione normativa in quanto se è vero che l’esclusione delle attività industriali dall’allegato L-quinquies del TUA così come modificato, appare evidente, non si può dire lo stesso per le attività artigianali per le quali l’esclusione non è automatica, ma avviene solo in presenza di una produzione di rifiuti non urbani (elencati nell’allegato L-quater) debitamente comprovata. Quindi se per le attività industriali l’esclusione delle superfici di lavorazione è dovuta a prescindere dalla tipologia di rifiuto prodotto, quindi per il solo fatto di essere tali, l’esclusione di quelle artigianali – come di quelle produttive e commerciali in genere – avverrà in forza della dimostrazione di produzione dei rifiuti speciali da parte del soggetto passivo, in quanto le attività artigianali sono annoverate tra quelle ove si possono produrre rifiuti urbani e l’onere della prova contraria ricade sul contribuente.