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L’annullamento dell’accertamento fa decadere gli atti di riscossione coattiva

Con la sentenza n. 18003/2022, la Corte di Cassazione ribadisce che, in caso di annullamento di un accertamento a seguito di sentenza, l’iscrizione a ruolo e la cartella di pagamento sono da considerarsi illegittimi: “[…] secondo la giurisprudenza di questa Corte, è pacifico che, in tema di riscossione dei tributi, l’iscrizione a ruolo e la cartella di pagamento divengono illegittime a seguito della sentenza che, accogliendo il ricorso proposto dal contribuente, annulla l’atto impositivo da esse presupposto, poiché tale pronuncia fa venir meno, indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, il titolo sul quale si fonda la pretesa tributaria, privandola del supporto dell’atto amministrativo che la legittima ed escludendo, quindi, che essa possa formare ulteriormente oggetto di alcuna forma di riscossione provvisoria […]”.

Più precisamente, se il ricorso del contribuente viene accolto, la cartella di pagamento viene a perdere in modo definitivo il presupposto legittimante e diventa illegittima, non potendo certo configurarsi una sorta di connotazione “elastica”, tale da farla rivivere a seguito dell’eventuale riforma della sentenza di annullamento dell’avviso di accertamento.

In conclusione ne deriva che l’emanazione di un titolo giudiziale quale può essere una sentenza della Commissione tributaria, (anche se non definitiva) di annullamento del prodromico avviso di accertamento incide sulla legittimità degli atti di riscossione, delineandosi come un vizio non originario, bensì sopravvenuto.

Il principio conferma un ormai consolidato orientamento della Corte (si vedano, tra le più recenti, anche le sent. 22360/2020, 24854/2021, 3736/2022, 10740/2022) e vale in riferimento anche ad altre forme di riscossione coattiva, quali ad es. l’ingiunzione, dato che, anche in questo caso, il venir meno dell’atto di accertamento (e dunque della pretesa tributaria) fa decadere le motivazioni della riscossione.