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L’amministratore locale può rinunciare al proprio compenso ma non può pretendere il mutamento di destinazione dello stesso

Con deliberazione n. 177/2023/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Campania ha ricordato che non si ravvisano motivi ostativi alla rinuncia da parte del Sindaco all’indennità di funzione, considerando che il beneficio economico in parola non è assimilabile a redditi di lavoro e non è, quindi, soggetto alla previsione contenuta nell’art. 2113 del Codice civile.

Non si può, pertanto, escludere che l’interessato si avvalga della facoltà, sia di rinunciare all’indennità de qua, sia di richiedere una riduzione dell’importo della stessa.

Ciò che invece a giudizio del Collegio è precluso al Sindaco è il mutamento della destinazione della propria indennità di funzione, potendo solo manifestare la volontà di rinunciare all’indennità stessa. In quest’ultimo caso, infatti, gli effetti dell’atto abdicativo restano circoscritti alla sfera patrimoniale del rinunciante (acquisizione o meno alla sua sfera patrimoniale) e non possono incidere sulle ulteriori destinazioni delle somme in esame, che restano acquisite al bilancio come economie di spesa.

In tal senso si era già espressa in passato anche la Sezione regionale di controllo ligure (con la delibera n. 98/2020/PAR), secondo la quale ogni singolo amministratore locale ha “la facoltà di rinunciare all’indennità, essendo quest’ultima un diritto di credito per sua natura disponibile, e potrebbe anche effettuare una rinuncia condizionata ad una specifica destinazione delle somme (potendo la condizione, sospensiva o risolutiva, applicarsi anche agli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale ai sensi dell’art 1324 c.c.), ma gli effetti del negozio giuridico rimangono circoscritti alla sfera patrimoniale del rinunciante (acquisizione o meno al patrimonio) e non possono incidere sulle ulteriori destinazioni delle somme, destinazioni che rientrano nella discrezionalità dell’ente”.