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Il valore delle aree fabbricabili è dato considerando lo sviluppo in altezza dell’immobile in costruzione

Nella determinazione del valore di un’area fabbricabile deve essere tenuta in considerazione l’estensione lorda sviluppata in altezza e non lo spazio del sedime. Ne deriva quindi che debbano essere considerate le aree dei diversi piani che presente l’edificio.

Il principio posto dalla CTP di Mantova con la sent. 55/2021 è di particolare importanza per l’attività accertativa dei Comuni, i quali possono tenere in considerazione una maggiore superficie ai fini della quantificazione della base imponibile.

La questione nasceva da un avviso di accertamento TASI avente ad oggetto l’area fabbricabile sulla quale insisteva un palazzo oggetto di un intervento di recupero. In tale atto – a detta del contribuente – il Comune aveva considerato, ai fini della determinazione della base imponibile, una superficie di maggiore rispetto a quella del sedime del fabbricato in fase di costruzione. Più precisamente, il Comune aveva ritenuto di considerare la c.d. superfice lorda d’uso o superficie lorda di pavimento delle singole unità immobiliari (appartamenti) oggetto del recupero edilizio, vale a dire considerando lo sviluppo in altezza dell’immobile e non il sedime sul quale esso sorgeva. In generale, un simile criterio comporta che la superficie imponibile sia di 30.000 mq qualora, ad esempio, il fabbricato sia eretto su una superficie di 10.000 mq e sia composto da 3 piani.

La CTP di Mantova conferma quindi il criterio utilizzato dal Comune, rigettando il ricorso del contribuente. Si legge infatti: “L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio”.

È tuttavia da ricordare che in passato, la Cassazione (sent. 23347/2004) aveva precisato che il Comune non può assoggettare al tributo l’area su cui si sviluppa la cubatura in relazione alla quale è stata riconosciuta la concessione edilizia di un nuovo appartamento realizzato al secondo piano di un edificio. In questo caso, secondo i Supremi Giudici, l’area fabbricabile resta la superficie sulla quale insiste l’appartamento posto al piano terra, ossia collocato direttamente sul sedime di costruzione.

Sebbene si possa pensare che l’orientamento consolidato continuerà ad essere quello derivante dalla norma, ben sintetizzato dalla sentenza della Cassazione, è comunque significativo rilevare tale cambio di rotta da parte dei giudici tributari, i quali aprono la strada a nuove modalità di quantificazione della base imponibile delle aree fabbricabili. Deve comunque essere osservato che, nella pratica, una simile impostazione comporterebbe maggiori difficoltà nella definizione del valore della aree fabbricabili da parte degli Enti in sede di accertamento, i quali – già oggi – sono chiamati ad operare valutazioni rilevanti in merito alle superfici, alla corretta attribuzione di una destinazione d’uso secondo le regolamentazioni urbanistiche cui far corrispondere un valore al mq, nonché alle verifiche delle dichiarazioni, atti notarili e perizie tecniche che indicano uno specifico valore imponibile.