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Il rimborso delle spese legali degli amministratori assolti e la clausola di invarianza finanziaria

La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, pronunciandosi con deliberazione n. 17/SEZAUT/2021/QMIG su una questione di massima posta dalla Sezione regionale di controllo per il Veneto, ha enunciato il seguente principio di diritto:
“Il vincolo di invarianza finanziaria di cui all’art. 86, comma 5, del d.lgs. n.267/2000 va valutato in relazione alle risorse finanziarie ordinarie, in modo tale che non sia alterato l’equilibrio finanziario pluriennale di parte corrente. Ne deriva che l’ente può sostenere le spese di cui all’art. 86, comma 5, del d.lgs. n. 267/2000 nei limiti in cui tali spese trovino copertura nelle risorse finanziarie ordinarie già stanziate in bilancio, con la conseguenza di non alterare l’equilibrio finanziario pluriennale di parte corrente”.

La norma su richiamata, lo ricordiamo, dispone che «gli enti locali di cui all’articolo 2 del presente testo unico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, possono assicurare i propri amministratori contro i rischi conseguenti all’espletamento del loro mandato. Il rimborso delle spese legali per gli amministratori locali è ammissibile, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, nel limite massimo dei parametri stabiliti dal decreto di cui all’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, nel caso di conclusione del procedimento con sentenza di assoluzione o di emanazione di un provvedimento di archiviazione, in presenza dei seguenti requisiti:
a) assenza di conflitto di interessi con l’ente amministrato;
b) presenza di nesso causale tra funzioni esercitate e fatti giuridicamente rilevanti;
c) assenza di dolo o colpa grave».

La norma, pertanto, impone l’invarianza finanziaria sia per le spese sostenute dall’ente per assicurare i propri amministratori contro i rischi derivanti dall’espletamento del loro mandato, sia per il rimborso, in presenza degli specifici presupposti previsti dalla legge, ai propri amministratori delle spese legali sostenute da questi ultimi.

Secondo un primo orientamento giurisprudenziale, detto vincolo di invarianza finanziaria dovrebbe essere valutato con riferimento al solo aggregato delle spese di funzionamento (in tal senso Sez. reg. Lombardia n. 452/2015 e n. 470/2015 e, sulla stessa linea, Sez. reg. Puglia n.  33/2016; Sez. reg. Marche n. 74/2016; Sez. reg. Emilia Romagna n. 48/2016; Sez. reg. Calabria n. 35/2017; Sez. reg. Umbria n. 59/2018; Sez. reg. Campania n. 102/2019; Sez. reg. Emilia Romagna n. 105/2020). L’ente, dunque, dovrebbe assicurare che, per effetto delle nuove spese di cui all’art. 86, comma 5, del TUEL, le spese di funzionamento dell’esercizio non superino l’ammontare delle spese di funzionamento sostenute nell’esercizio precedente, potendo, per garantire tale invarianza, eventualmente ridurre altre spese appartenenti allo stesso aggregato.

Altra parte della giurisprudenza contabile valorizza invece la connessione del vincolo di invarianza finanziaria con l’obbligo di copertura, sancito a livello costituzionale dall’art. 81, comma 3 (secondo tale principio, mentre in sede di adozione della norma è necessario che il legislatore indichi, a fronte dei nuovi o maggiori oneri eventualmente introdotti, i mezzi per farvi fronte, la clausola di invarianza finanziaria impone la neutralità della norma introdotta, la quale, per essere costituzionalmente legittima, non deve produrre, in sede di attuazione, impatti sugli equilibri di bilancio). Secondo quest’ultimo orientamento, pertanto, la clausola di invarianza finanziaria non imporrebbe un limite di spesa pari all’ammontare degli stanziamenti previsti per un determinato aggregato di spesa nei precedenti esercizi (nel senso che la spesa, per effetto dei nuovi oneri, non può superare l’aggregato degli anni precedenti) perché, ove il legislatore ha inteso introdurre limiti o tetti per certe tipologie di spesa lo ha fatto esplicitamente, come nel caso dei limiti posti dall’art. 6 del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 o di quelli in materia di spese del personale. Piuttosto la clausola richiamerebbe la necessità che «le nuove spese per interventi riconosciuti meritevoli dal legislatore sono possibili se e nei limiti in cui le risorse finanziarie ordinarie lo consentono e cioè se non viene alterato l’equilibrio finanziario pluriennale di parte corrente dell’ente» (Sez. reg. Basilicata n. 37/2016 e nello stesso senso Sez. reg. Basilicata n. 45/2017; Sez. reg. Abruzzo n. 127/2017; Sez. reg. Lazio n. 58/2018).

Con la delibera in commento, la Sezione delle autonomie della Corte dei conti ha ritenuto maggiormente condivisibile la posizione espressa dal secondo degli orientamenti giurisprudenziali richiamati, evidenziando come, in assenza di un limite normativamente individuato che sostenga la delimitazione dell’invarianza finanziaria ad uno specifico aggregato di spesa, la clausola di invarianza finanziaria imponga alle amministrazioni, nel prevedere una maggiore o nuova spesa, di essere in grado di far fronte a tale spesa con le risorse ordinarie già stanziate in bilancio, con la conseguenza di assicurare un sicuro mantenimento dell’equilibrio finanziario pluriennale di parte corrente.