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Il divieto di costituire uffici di staff con personale esterno non si estende tout court anche agli enti che hanno in corso un piano di riequilibrio finanziario

Con deliberazione n. 4/SEZAUT/2022/QMIG, la Sezione delle autonomie della Corte dei conti ha enunciato il seguente principio di diritto: «Il divieto, di cui all’articolo 90, comma 1, del decreto legislativo18 agosto 2000 n. 267, riguardante gli enti locali dissestati o strutturalmente deficitari, non può essere esteso anche agli enti locali che hanno fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, salvo i casi in cui questi ultimi si trovino in condizioni di deficitarietà strutturale ai sensi dell’art. 242 del TUEL».

La Sezione ritiene infatti applicabile anche agli enti che hanno fatto ricorso alla procedura di riequilibrio pluriennale finanziario il divieto di cui all’art. 90, comma 1 cit., ma non sic et simpliciter come vorrebbe parte della giurisprudenza contabile (con un’interpretazione analogica in malam partem della norma, contraria all’art. 14 delle preleggi), bensì solo quando tali enti siano anche strutturalmente deficitari ai sensi dell’art. 242 del TUEL.

Difatti, a parere della Sezione autonomie, non vi è una distinzione netta tra gli istituti in esame, soprattutto con riferimento agli enti strutturalmente deficitari ed agli enti che hanno fatto ricorso al piano di riequilibrio pluriennale finanziario.

Sia l’art. 242 che l’art.243-bis si riferiscono a condizioni di squilibrio: gravi ed incontrovertibili per gli enti strutturalmente deficitari, in grado di provocare il dissesto finanziario per gli enti che possono ricorrere al piano di riequilibrio. Assai problematico, pertanto, risulta il poter esprimere un giudizio di valore, in termini di maggiore o minore gravità, dalla lettura delle norme.

La differenza sostanziale tra le due disposizioni si evidenzia nel modo in cui viene accertato lo squilibrio. Nel caso degli enti strutturalmente deficitari lo stesso deriva da una “statica” verifica di alcuni parametri obiettivi che presentano, per almeno la metà di essi, valori deficitari. Per gli enti che hanno fatto ricorso al piano di riequilibrio lo squilibrio può rivelarsi nei medesimi termini di cui all’art. 242 del TUEL, ma anche mediante una differente analisi, dinamica, della situazione finanziaria, favorita dalle pronunce delle Sezioni regionali di controllo.

Tra le due fattispecie non vi è, quindi, incomunicabilità, ma un normale rapporto di interferenza. In altre parole, tutti gli enti strutturalmente deficitari possono sicuramente ricorrere al piano di riequilibrio finanziario pluriennale, ma gli enti che ricorrono al PRFP non necessariamente devono essere strutturalmente deficitari nei termini indicati dall’art. 242 del TUEL. Difatti, come osservato dalla Sezione remittente, il ricorso al PRFP solitamente deriva dalla necessità di ripianare un disavanzo d’amministrazione che può manifestarsi a causa di passività che non si sono ancora tradotte in debiti (cancellazione di residui attivi inesigibili, costituzione di un adeguato fondo crediti di dubbia esigibilità, accantonamento di congrue risorse a fondo rischi o agli altri fondi prescritti dalla legge, etc.) e, pertanto, non necessariamente in presenza di passività liquide ed esigibili a cui l’ente non riesce a far fronte (tipica condizione che produce il dissesto finanziario di cui all’art. 244 del TUEL), o dei parametri di cui all’art. 242 del TUEL.

Allo stesso tempo, la situazione di deficitarietà strutturale non deriva, necessariamente, da uno stato di incapacità finanziaria o dalla presenza di un disavanzo d’amministrazione (come accade, invece, per il dissesto e la procedura di riequilibrio pluriennale), ma anche da una mera eccessiva rigidità del bilancio (cfr. parametri P1, P4 e P5), dalla difficoltà di riscossione delle entrate proprie (parametri P2, P3 e P8) o, ancora, dalla rilevante presenza di debiti fuori bilancio.

Si ribadisce, pertanto, come le fattispecie in esame non siano tra loro rigidamente distinte (come sembrerebbe emergere dalla ricostruzione operata dalla giurisprudenza citata nella richiesta di parere e, a tratti, anche da quella operata dalla Sezione remittente, si veda capoverso finale nel par.2.4) ma, come osservato, possono tra loro interferire, come accade soprattutto tra gli enti strutturalmente deficitari e gli enti che ricorrono al PRFP.

Il manifestarsi nel corso della procedura di riequilibrio pluriennale delle condizioni di cui all’art. 242 del TUEL fa degli enti che hanno fatto ricorso al piano di riequilibrio pluriennale, enti strutturalmente deficitari, che hanno scelto di ripristinare gli equilibri utilizzando i tempi e le facoltà più ampie offerte dagli artt. 243-bise seguenti e, pertanto, agli stessi si applica, in detta ricorrenza, il divieto di costituire uffici di staff con personale esterno. Ma solo, è bene ribadire, per gli esercizi in cui i parametri di cui all’art. 242 risultino violati per oltre la metà.

D’altronde nessuna norma esonera gli enti che hanno fatto ricorso al piano di riequilibrio finanziario pluriennale dal presentare l’allegato di cui all’art. 242 del TUEL; conseguentemente un ente in PRFP può essere allo stesso tempo un ente strutturalmente deficitario senza che da ciò derivino incongruenze o particolari effetti se non l’applicazione del divieto disposto dall’art. 90, comma 1 cit. 

La detta conclusione, conclude dunque la Sezione, è in linea con la vigente normativa. Difatti, tutti gli obblighi e gli adempimenti previsti dall’art.242 del TUEL sono estesi agli enti in PRFP dall’art.243-bis (con tratti, a volte, maggiormente penalizzanti, ma ciò rappresenta il “costo” di una procedura che consente all’Ente di riequilibrare il bilancio in un arco temporale ampio: si vedano i commi 8 e 9 del citato articolo).

La soluzione prospettata è pertanto rispettosa dell’attuale quadro normativo e mostra come, di fatto, non vi sia alcuna lacuna legislativa da colmare (nonostante l’introduzione nell’ordinamento delle norme in esame in tempi e condizioni diversi) mediante interpretazioni analogiche.