Non è vietata l’apertura della partita Iva da parte del dipendente pubblico se essa è strettamente ed esclusivamente connessa all’esercizio di attività agricola non professionale.
È quanto ha precisato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5854 del 7 luglio 2025.
Tale tipo di attività, precisano infatti i giudici, non è incompatibile con il principio di esclusività del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, atteso che l’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 (recante il “Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”) e l’art. 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”) vietano espressamente ai dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici in generale l’esercizio dell’industria e del commercio, ma non l’esercizio dell’attività agricola e considerato che tale disciplina generale, esprimente un principio di carattere generale con forza espansiva anche al di fuori dell’impiego pubblico civile, non trova espresse deroghe per personale militare e specificamente per gli appartenenti al Corpo della Guardia di finanza, non sussistendo dunque un divieto di esercizio non professionale dell’agricoltura.
La ratio di detta esclusione dal novero delle attività incompatibili con lo status di dipendente pubblico risiede nel contemperamento operato dal legislatore tra il principio di esclusività del rapporto di lavoro del pubblico dipendente con le esigenze, coessenziali alla titolarità di un fondo rustico e peraltro imposte dalla disciplina europea sugli aiuti agli agricoltori (cosiddetta “condizionalità”), di prendersi cura del terreno (pure tramite terzi incaricati), osservando le ordinarie pratiche agronomiche e di trarne un reddito agrario anche attraverso la trasformazione dei prodotti agricoli.
L’apertura di una partita Iva, pertanto, non è vietata al dipendente pubblico, sempreché strettamente funzionale all’esercizio non professionale dell’attività agricola per il corretto adempimento delle facoltà e degli oneri connessi alla proprietà di un fondo rustico, esercitato in modo ancillare rispetto al corrispondente assetto dominicale.
Diversamente opinando, si arrecherebbe un vulnus al nucleo essenziale delle prerogative dominicali e all’effettività del diritto fondamentale di proprietà, tutelato dall’art. 42, comma 2, della Costituzione e dall’art. 1 del primo protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, imponendosi, invero, senza espressa copertura normativa, una ingiustificata e irragionevole limitazione al pieno godimento di un bene immobile e alle sue potenzialità reddituali, contrastante con l’utilizzo redditizio da parte di un pubblico dipendente (anche militare) di altri tipi di beni immobiliari, quali, ad esempio, appartamenti, villette e ville, che, infatti, possono essere legittimamente concessi in locazione.