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Corte dei conti: interpretazioni diverse sul riconoscimento dei compensi ai membri interni delle commissioni di concorso degli enti locali

Preso atto dell’esistenza in materia di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, con deliberazione n. 72/2022/QMIG la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Veneto ha ravvisato l’esigenza di una pronuncia nomofilattica finalizzata a stabilire se – ai sensi dell’ art. 3, commi 13 e 14, della legge n. 56/2019 – sia consentita la remunerazione dei dipendenti per l’attività di presidente o di membro della commissione esaminatrice di un concorso pubblico per l’accesso a un pubblico impiego bandito da un ente locale, sia qualora appartenenti ai ruoli dell’amministrazione che bandisce la procedura sia di altra amministrazione.

Con la citata delibera, tuttavia, la Sezione regionale veneta dimostra chiaramente di non condividere l’orientamento oggi largamente prevalente in giurisprudenza secondo il quale la deroga al principio di onnicomprensività di cui all’art. 24, comma 3, del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165/2001, prevista dall’art. 3, comma 14, L. n. 56/2019, trova applicazione nei confronti delle sole amministrazioni statali e degli enti pubblici (non economici) nazionali, trattandosi, quest’ultima, di norma eccezionale e, dunque, di stretta interpretazione, non suscettibile di interpretazione estensiva, né analogica, in ossequio al divieto contenuto nell’art. 14 delle disposizioni preliminari al Codice civile.

Opportunamente, infatti, il Collegio ricorda anzitutto che il D.P.C.M. 24 aprile 2020 recante la “determinazione dei compensi da corrispondere ai componenti delle commissioni esaminatrici e della Commissione per l’attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM)” – adottato ai sensi di quanto previsto dal comma 13 dell’art. 3 della legge n. 56/2019 sulla base dei criteri stabiliti dal D.P.C.M. 23 marzo 1995 – prevede all’art. 1, comma 5, che “le Regioni e le autonomie locali, nell’esercizio della propria autonomia, possono recepire quanto previsto dal presente decreto”.

Inoltre, evidenzia la Sezione, dal tenore letterale della norma non si ricava che l’ambito di applicazione sia limitato alle Amministrazioni statali e agli enti pubblici (non economici) nazionali né tantomeno che la disposizione sia collegata al precedente comma 13. Laddove, infatti, il legislatore ha voluto restringere l’ambito di applicazione delle disposizioni o collegare le discipline lo ha fatto espressamente, sopprimendo il comma 12 e inserendo una diversa previsione all’ultimo capoverso del comma 13.

Tale interpretazione trova supporto proprio negli atti parlamentari ove in merito alla modifica del comma 14 si legge che “la lettera d) del comma 1–ter – novellando l’articolo 3, comma 14, della citata L. n. 56 del 2019 – estende ai componenti della suddetta Commissione la norma che esclude, per i compensi dovuti al personale dirigenziale pubblico per l’attività di presidente o di membro della commissione esaminatrice di un concorso per l’accesso a un pubblico impiego, l’applicazione del principio secondo cui il trattamento economico riconosciuto al dirigente remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti al medesimo, nonché qualsiasi incarico conferito in ragione del suo ufficio o comunque conferito dall’amministrazione presso cui presti servizio o su designazione della stessa (principio di onnicomprensività della retribuzione dei dirigenti pubblici)”, senza quindi alcun riferimento alla disciplina contenuta nel precedente comma.

Il comma 14, quindi, pur essendo stato inciso dalla modifica legislativa di cui al d.l. n. 162/2019 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8), è rimasto distinto, segno questo dell’autonomia della disposizione.

L’ambito di applicazione della disposizione, dunque, va ricercato nella sua stessa formulazione; trattandosi, quindi, di una deroga al principio di onnicomprensività di cui all’art. 24 del d.lgs. n. 165/2001, la stessa dovrà trovare applicazione nei confronti delle amministrazioni cui si applica il relativo principio oggetto di deroga e, dunque, anche nei confronti degli enti locali.

Ne discende, pertanto, che, ad avviso del Collegio, il comma 14 dell’art. 3 della legge n. 56/2019 – nell’introdurre una deroga al principio di onnicomprensività di cui all’art. 24 del d.lgs. n. 165/2001 – reca una disciplina autonoma rispetto a quanto statuito nel precedente comma 13, con la conseguenza che, per le ragioni sopra esposte, trova applicazione anche per gli enti locali.

Per la Sezione regionale veneta, però, la disciplina di cui al più volte citato comma 14 dell’art. 3 della legge n. 56/2019 si applica esclusivamente al personale dirigenziale, poiché la norma in esame costituisce una disposizione di carattere derogatorio la quale – in ossequio a quanto previsto dall’art. 14 delle disposizioni preliminari del codice civile – non può trovare applicazione “oltre i casi e i tempi in ess[a] considerati”.

Per il restante personale, affermano i Giudici, trovano invece applicazione le regole previste dalla normativa di settore e dai regolamenti all’uopo eventualmente adottati dagli enti locali ai sensi dell’art. 70, comma 13, del D.lgs. n. 165/2001.