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Considerazioni in merito alla Risoluzione 5/DF: il divieto di differimento della quota IMU-Stato

Con la Risoluzione n. 5/Df dell’8 giugno scorso, il MEF ha dato riscontro ad alcuni quesiti in merito alla potestà riconosciuta ai Comuni, ai sensi del comma 777 lett. b) dell’art. 1 L. n. 160/2019, di poter differire i termini per il versamento dell’IMU ed alla facoltà di cancellazione di sanzioni ed interessi per eventuali versamenti effettuati tardivamente. Si tratta di aspetti particolarmente significativi se si considerano gli interventi di buona parte delle Amministrazione Comunali che avevano agito in tal senso al fine di rispondere alle numerose richieste dei Contribuenti in difficoltà economica a causa dell’emergenza epidemiologica degli scorsi mesi.

Riguardo alla prima potestà, le precisazioni del MEF muovono dalla considerazione che la disposizione di cui al comma 777 richiamato deve essere letta in relazione sia al comma 762 art. 1 L. n. 160/2019 sia all’art. 52 D.Lgs. n. 446/1997, dai quali discende che la facoltà concessa al Comune possa essere legittimamente esercitata con esclusivo riferimento alle entrate di propria competenza e non anche a quelle di competenza statale. Ne deriva pertanto che la previsione regolamentare circa il differimento dei termini non dovrebbe trovare applicazione in riferimento alla quota IMU statale dovuta per gli immobili di categoria catastale D.

In merito alla facoltà di regolarizzare l’acconto IMU entro una data successiva al 16 giugno senza pagare sanzioni ed interessi, il MEF precisa che così facendo si raggiungerebbe indirettamente il medesimo risultato ottenuto attraverso il differimento dei termini, senza – ovviamente – intervenire sugli stessi. Anche rispetto a tale disposizione tuttavia viene precisato che il Comune non possa disporre della quota riservata allo Stato.

Appare evidente quindi che una simile lettura della norma pone diversi problemi operativi sia per i contribuenti, sia per l’attività quotidiana degli uffici tributi, contrastando con i generali principi di favore nei confronti dei primi e di efficienza ed economicità per i secondi.

Si pensi a questo esempio: il Comune delibera di differire il termine del versamento al 31 luglio e ha stabilito una aliquota dello 0,86% per gli immobili produttivi. Il possessore di un immobile di categoria D sarebbe tenuto a pagare la quota Stato (0,76%) entro il 16 giugno e la differenza (0,10%) entro il 31 luglio salvo decidere di versare tutto l’acconto entro la prima data rinunciando quindi ai benefici concessi eccezionalmente dall’Ente. Il Comune, da parte sua, si troverebbe a dover effettuare un doppio controllo sull’eventuale ritardo del versamento, applicando la sanzione solo sulla quota Stato se versata oltre il 16 giugno ed emettendo accertamenti frazionati per quota Stato e quota Comune.

Le conclusioni cui giunge il MEF paiono lasciare quindi diversi quesiti irrisolti proprio in merito alla corretta gestione della quota Stato. A tal proposito chi scrive avanza alcune considerazioni.

Se il Legislatore avesse voluto confermare il termine del 16 giugno per il versamento della quota Stato, avrebbe dovuto specificare nella Legge di bilancio che la disposizione di cui al comma 777 lett. b) citata non ha validità per tale quota del tributo. Ciò è avvenuto ad esempio in merito alla possibilità di azzerare tutte le aliquote individuate dalla norma, ad eccezione di quella prevista proprio per i fabbricati D per i quali è possibile diminuire solo fino allo 0,76%, ossia a quanto di competenza statale.

L’IMU costituisce infatti un tributo unitario per cui la quota Stato deriva solo dall’applicazione di una specifica aliquota e non è una componente del tributo. In altre parole, non esiste un’IMU statale ed un’IMU comunale, con la conseguenza che la loro riscossione deve avvenire nello stesso momento poiché è unico il presupposto impositivo ed unico il soggetto preposto alla riscossione. Qualora il Comune propenda quindi per un differimento dei termini, questo dovrebbe avere validità rispetto al tributo in generale e non esclusivamente ad una sua quota. La disposizione di favore, ammessa dallo stesso Dipartimento delle Finanze, è mirata a consentire un miglior favore ai contribuenti in situazioni particolari: creare un discrimine a seconda della tipologia di cespite, escludendo i proprietari dei fabbricati in cat. D dal beneficio di poter disporre di termini più ampi, pare quantomeno irragionevole.

Alle medesime conclusioni si perviene infine anche in riferimento all’applicazione delle sanzioni: essendo l’IMU un tributo unitario, non rileva che lo Stato abbia una propria riserva (tanto che gli accertamenti per quest’ultima sono comunque emessi dal Comune ed è quest’ultimo l’unico soggetto a poter irrogare sanzioni sull’omesso o ritardato versamento del tributo). Pertanto, se la legge ammette la possibilità di prevedere “eccezioni” alle regole sanzionatorie, queste devono valere per l’intero tributo. Riprendendo l’esempio di cui sopra, sarebbe paradossale che a fronte del versamento dell’intero tributo per il fabbricato di cat. D entro il termine del 31 luglio, come concesso dal Comune, sia considerato tempestivo il versamento di una quota e sanzionabile il versamento di un’altra.

Si auspica quindi un ulteriore chiarimento del Legislatore a riguardo, in quanto le conclusioni cui è giunto il Dipartimento Finanze nella Risoluzione n. 5/DF non sono state risolutive e potrebbero alimentare criticità applicative sia per i contribuenti che per il personale degli uffici tributi.

 

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