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Conseguenze della mancata certificazione del fondo per il salario accessorio da parte dell’organo di revisione

Con la recente deliberazione n. 71/2023/PRSE, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Piemonte ha rimarcato il fondamentale ruolo svolto dai revisori dei conti nel perfezionamento della procedura inerente alla contrattazione integrativa, stante il controllo esercitato dagli stessi sulla compatibilità dei costi della contrattazione integrativa con i vincoli di bilancio e la relativa certificazione degli oneri.

Al riguardo, precisano i Giudici, occorre considerare che l’allegato n. 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011, punto 5.2, lett. a) prevede: «[a]lla fine dell’esercizio, nelle more della sottoscrizione della contrattazione integrativa, sulla base della formale delibera di costituzione del fondo, vista la certificazione dei revisori, le risorse destinate al finanziamento del fondo risultano definitivamente vincolate».

Inoltre, «[i]n merito alla regolare costituzione del fondo, la giurisprudenza contabile ha sottolineato l’importanza fondamentale di ogni fase, che deve essere completa in tutti i passaggi, ivi compreso quello della certificazione da parte del revisore.
In particolare, è stato precisato che “La seconda fase consiste nell’adozione dell’atto di costituzione del fondo che ha la funzione di costituire il vincolo contabile alle risorse e svolge una funzione ricognitiva in quanto è diretta a quantificare l’ammontare delle risorse. Tale atto […] deve essere formale e di competenza del dirigente e, inoltre, deve essere sottoposto a certificazione da parte dell’organo di revisione” (cfr. Sezione controllo per il Friuli-Venezia Giulia 29/2018/PAR, Sezione controllo per il Molise n.15/2018/PAR e n. 218/2015/PAR e Sezione controllo Veneto delibera n. 263/2016)
» (Sez. Liguria, n. 20/2021).

D’altra parte, è stato aggiunto che il citato punto 5.2 dell’Allegato 4/2 del principio contabile «eleva ad ulteriore elemento costitutivo anche la certificazione dei revisori relativa sia alla corretta costituzione del fondo, in relazione alle risorse stanziate in bilancio e all’osservanza dei vincoli normativi di finanza pubblica e contrattuali, sia della conseguente proposta, alle parti sindacali, della bozza di ripartizione» (Sez. Veneto, n. 263/2016; in senso conforme, Sez. Friuli-Venezia Giulia n. 29/2018 e Sez. Marche, n. 40/2020).

Con riferimento a quest’ultimo aspetto, va ricordato anche il combinato disposto dell’art. 40, comma 3-sexies e dell’art. 40-bis D.Lgs. n. 165/2001, i quali rispettivamente recitano:
Art 40, comma 3-sexies – «A corredo di ogni contratto integrativo le pubbliche amministrazioni redigono una relazione tecnico-finanziaria ed una relazione illustrativa, utilizzando gli schemi appositamente predisposti e resi disponibili tramite i rispettivi siti istituzionali dal Ministero dell’economia e delle finanze di intesa con il Dipartimento della funzione pubblica. Tali relazioni vengono certificate dagli organi di controllo di cui
all’articolo 40-bis, comma 1
»;
Art. 40-bis, comma 1 – «Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e quelli derivanti dall’applicazione delle norme di legge, con particolare riferimento alle disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori è effettuato dal collegio dei revisori dei conti, dal collegio sindacale, dagli uffici centrali di bilancio o dagli analoghi organi previsti dai rispettivi ordinamenti. Qualora dai contratti integrativi derivino costi non compatibili con i rispettivi vincoli di bilancio delle amministrazioni, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 40, comma 3-quinquies, sesto periodo».

Anche l’art. 8, comma 7, del CCNL del comparto funzioni locali relativo al triennio 2019-2021 ribadisce, poi, che «[i]l controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e la relativa certificazione degli oneri sono effettuati dall’organo di controllo competente ai sensi dell’art. 40-bis, comma 1 del D.Lgs. n. 165/2001. A tal fine, l’ipotesi di contratto collettivo integrativo definita dalle parti, corredata dalla relazione illustrativa e da quella tecnica, è inviata a tale organo entro dieci giorni dalla sottoscrizione. In caso di rilievi da parte del predetto organo, la trattativa deve essere ripresa entro cinque giorni. Trascorsi quindici giorni senza rilievi, l’organo di governo competente dell’ente può autorizzare il presidente della delegazione trattante di parte pubblica alla sottoscrizione del contratto».

Come precisato dalla giurisprudenza, «viene ritenuta imprescindibile la funzione di controllo sulla sostenibilità dei costi derivanti dall’adozione del contratto integrativo e sulla conformità degli stessi ai vincoli di legge in generale e di bilancio in particolare, specie in relazione ai trattamenti accessori»; per di più, il mancato inoltro delle relazioni all’organo di revisione contabile determina un vulnus per l’intero procedimento in esame, «oltre a far trasparire l’evidente violazione del principio di leale collaborazione tra gli organi di gestione dell’ente e l’organo di revisione contabile del medesimo ente».

D’altra parte, «la preventiva certificazione sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio e quelli derivanti dall’applicazione delle norme di legge, con particolare riferimento alle disposizioni inderogabili che incidono sulla misura e sulla corresponsione dei trattamenti accessori ha l’obiettivo di evitare una ingiustificata espansione a livello locale delle spese per il personale» (Sez. Puglia, n. 85/2020).

Per questa ragione, non mancano le pronunce delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti che stigmatizzano le procedure seguite dagli enti locali in assenza della certificazione prevista dalla normativa vigente (ex pluribus, Sez. Marche, n. 40/2020).

Inoltre, in assenza di certificazione che attesti il rispetto del regime vincolistico, a fortiori può trovare applicazione la sanzione comminata dall’art. 40, comma 3-quinquies, D.Lgs. n. 165/2001, secondo la quale, «nei casi di violazione dei vincoli e dei limiti di competenza imposti dalla contrattazione nazionale o dalle norme di legge, le clausole sono nulle, non possono essere applicate e sono sostituite ai sensi degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile. In caso di superamento di vincoli finanziari accertato da parte delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, del Dipartimento della funzione pubblica o del Ministero dell’economia e delle finanze è fatto altresì obbligo di recupero nell’ambito della sessione negoziale successiva, con quote annuali e per un numero massimo di annualità corrispondente a quelle in cui si è verificato il superamento di tali vincoli. Al fine di non pregiudicare l’ordinata prosecuzione dell’attività amministrativa delle amministrazioni interessate, la quota del recupero non può eccedere il 25 per cento delle risorse destinate alla contrattazione integrativa ed il numero di annualità di cui al periodo precedente, previa certificazione degli organi di controllo di cui all’articolo 40-bis, comma 1, è corrispondentemente incrementato. In alternativa a quanto disposto dal periodo precedente, le regioni e gli enti locali possono prorogare il termine per procedere al recupero delle somme indebitamente erogate, per un periodo non superiore a cinque anni, a condizione che adottino o abbiano adottato le misure di contenimento della spesa di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16, dimostrino l’effettivo conseguimento delle riduzioni di spesa previste dalle predette misure, nonché il conseguimento di ulteriori riduzioni di spesa derivanti dall’adozione di misure di razionalizzazione relative ad altri settori anche con riferimento a processi di soppressione e fusione di società, enti o agenzie strumentali» (Sez. Puglia, n. 85/2020).