Ai fini della verifica del rispetto dei principi di correttezza e buona fede da parte del datore di lavoro pubblico che conferisca incarichi con determinazioni negoziali di natura privatistica scegliendo tra più aspiranti, deve ritenersi imprescindibile che l’Amministrazione dia contezza dei criteri della scelta con una congrua motivazione, trovando applicazione i medesimi principi espressi da questa Corte con riferimento al conferimento di incarichi dirigenziali nell’ambito del pubblico impiego privatizzato, dovendo pertanto procedere, alla stregua delle clausole generali di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. (e degli stessi principi evocati dall’art. 97 Cost.), ad una valutazione comparativa con gli altri candidati che contempli adeguate forme di partecipazione ai processi decisionali e sia sorretta da una congrua motivazione circa i criteri seguiti e le ragioni giustificatrici delle scelte adottate.
È quanto ribadito dalla Sezione Lavoro della Cassazione con l’ordinanza n. 27287 del 13 ottobre 2025.
Dunque, nell’attribuzione degli incarichi dirigenziali, le amministrazioni locali hanno l’obbligo di agire secondo i canoni della correttezza e buona fede, nonché dei principi di imparzialità, efficienza e buon andamento di cui all’art. 97 Cost. (la cui lesione non legittima la domanda di attribuzione dell’incarico, ma solo quella del ristoro dei pregiudizi ingiustamente subiti).
È perciò necessario che le amministrazioni assumano le relative determinazioni con una trasparente ed oggettiva valutazione della professionalità e delle caratteristiche attitudinali, ben potendo privilegiare a tal fine la specificità del ruolo ricoperto dai dirigenti designati e la conoscenza della realtà territoriale della struttura amministrativa che sarebbero stati chiamati a dirigere.