Con il recente parere prot. 59632 dell’8 agosto 2025, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha affermato che il rinnovo di un incarico di funzione dirigenziale ad uno stesso soggetto deve essere considerato come un nuovo incarico da conferire in applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 19, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non avendo il legislatore contemplato l’istituto della proroga, che, per sua stessa natura, risulterebbe, in via di principio, in contrasto tanto con la richiamata disciplina, non suscettibile di deroghe, se non in casi espressamente previsti da puntuali disposizioni di legge e sempre che ricorra la necessità di assicurare la continuità dell’azione amministrativa, quanto con i principi costituzionali di imparzialità, trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa.
In proposito il Ministero richiama infatti l’orientamento della Sezione centrale di controllo sulla legittimità degli atti della Corte dei conti (Deliberazione n. SCCLEG/4/2022/PREV), secondo cui la previsione recata dall’art. 19, comma 6, del D.Lgs. 165/2001, laddove fa riferimento alla “particolare e comprovata qualificazione professionale non rinvenibile nei ruoli dell’Amministrazione”, assurge ad ulteriore presupposto di legittimità, implicando che deve ritenersi ammissibile il ricorso a professionalità esterne ai ruoli dell’Amministrazione solo dopo aver accertato che all’interno di quest’ultima manchino le competenze professionali richieste.
L’onere della previa verifica circa l’insussistenza di risorse dirigenziali di ruolo discende dal carattere eccezionale e sussidiario della procedura stessa, volta al conferimento di un incarico dirigenziale. Del resto, il sistema di provvista del personale dirigenziale disciplinato dall’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (applicabile, come noto anche a Regioni ed enti locali, come previsto dal successivo comma 6-ter), valuta eccezionale l’affidamento di funzioni dirigenziali ad altri soggetti, in quanto la modalità di reclutamento fisiologica resta quella di affidare l’incarico a coloro che abbiano superato il percorso di qualificazione concorsuale per l’inserimento nel ruolo dirigenziale.
Tutto ciò premesso, tra le disposizioni contenute nel suddetto articolo 19, il legislatore non ha contemplato, altresì, l’istituto della proroga, che, per sua stessa natura, risulterebbe, in via di principio, in contrasto tanto con la richiamata disciplina, non suscettibile di deroghe, se non in casi espressamente previsti da puntuali disposizioni di legge[3] e sempre che ricorra la necessità di assicurare la continuità dell’azione amministrativa, quanto con i principi costituzionali di imparzialità, trasparenza e buon andamento dell’azione amministrativa.
A tal riguardo, il DFP fa espresso richiamo anche alla Direttiva n. 10/2007 dell’allora Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione che, stabilendo i criteri per l’affidamento, il mutamento e la revoca degli incarichi dirigenziali, nell’ambito della disciplina dedicata alla “Durata degli incarichi”, prevede che” (…) non sono ammesse proroghe degli incarichi in atto (non previste dalla vigente normativa) (…)”.
Infine, sempre sotto il profilo della durata degli incarichi, è anche possibile che si configuri un conflitto tra l’istituto della proroga e la disciplina contenuta nel suddetto articolo 19, volta a scongiurare il conferimento di incarichi troppo brevi e a consentire, conseguentemente, al soggetto incaricato di disporre di un termine adeguato al raggiungimento degli obiettivi assegnati in relazione al proprio incarico.
