In quali casi e a quali condizioni i dipendenti pubblici possono essere adibiti a mansioni inferiori a quelle proprie della qualifica di appartenenza?
A questo interrogativo ha fornito risposta recentemente la Sezione Lavoro della Cassazione con l’ordinanza n. 12139 dell’8 maggio 2025.
Intanto, precisa la Corte, deve trattarsi di attività che non esprimano contenuti professionali del tutto estranei rispetto ai compiti propri del profilo professionale rivestivo (Cass. 19419/2020).
È poi indubbio che la richiesta di tali prestazioni deve rispondere ad un‘esigenza organizzativa, operativa o di sicurezza concreta e non dunque a scelte estemporanee o a pretese di lavoro di livello inferiore pur in presenza di disponibilità del personale della categoria pertinente (ancora Cass. 19419/2020).
Ulteriori requisiti individuati dalla giurisprudenza di questa S.C. sono che le mansioni inferiori siano richieste «incidentalmente o marginalmente» (Cass. 7 agosto 2006, n. 17774; Cass. 21 luglio 2022, n. 22901; v. anche Cass. 29 marzo 2019, n. 8910, quest’ultima in tema di lavoro privato, ma con principi riguardanti fattispecie anteriori alle modifiche apportate all’art. 2103 c.c. dal d.lgs. n. 81 del 2015 e quindi del tutto riferibili anche all’impiego pubblico), dal che si è escluso che sia legittima la loro pretesa «non in via occasionale, ma in maniera programmata» (Cass. 8910/2019, cit., in massima).
Tali affermazioni di principio si accompagnano alla reiterata affermazione, nel contesto dei medesimi precedenti, della necessità che vi sia adibizione alle mansioni di appartenenza in modo «prevalente e assorbente» (Cass. 19419/2020; Cass. 17774/2006).
Le affermazioni di principio di cui sopra vanno intese in modo nel loro insieme coerente.
Deve allora dirsi che le mansioni inferiori sono sempre legittime se “marginali”, ovverosia di scarso e limitato rilievo quantitativo rispetto alle mansioni di effettiva pertinenza; quando invece tale marginalità non ricorra e dunque la consistenza delle attività di livello inferiore sia più ampia – ferma restando la necessità, per la legittimità del comportamento datoriale, che vi sia prevalenza delle mansioni qualificanti dell’inquadramento – deve riscontrarsi il carattere occasionale della richiesta di mansioni inferiori.
Il ricorso sistematico e non marginale alle mansioni inferiori viola infatti in sé, sul piano qualitativo che è quello che rileva, il diritto del lavoratore al rispetto della propria professionalità e ciò anche se sia rispettato il parametro di prevalenza nello svolgimento delle attività proprie dell’inquadramento.
Ciò proprio perché, se è consentito chiedere lo svolgimento di attività proprie di mansioni inferiori, ciò non può che avvenire non solo assicurando la prevalenza delle attività pertinenti all’inquadramento, ma anche in via del tutto accessoria oppure per periodi di tempo contenuti, altrimenti ne resta svilita la stessa regola sulla coerenza tra inquadramento e mansioni sancita dall’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 e ne resta lesa la professionalità e l’immagine lavorativa del dipendente.
In sintesi può perciò esprimersi il seguente principio: «nel pubblico impiego privatizzato il lavoratore, venendo in rilievo il suo dovere di leale collaborazione nella tutela dell’interesse pubblico sotteso all’esercizio dell’attività, può essere adibito a mansioni inferiori rispetto a quelle di assegnazione, ma ciò a condizione che tali mansioni non siano completamente estranee alla sua professionalità, che ricorra una obiettiva esigenza, organizzativa o di sicurezza, del datore di lavoro e che inoltre la richiesta di tali mansioni inferiori avvenga in via marginale rispetto alle attività qualificanti dell’inquadramento professionale del prestatore o che, quando tale marginalità non ricorra, fermo fo svolgimento prevalente delle menzionate attività qualificanti, lo svolgimento di mansioni inferiori sia meramente occasionale».