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Sul diritto di accesso dei sindacati anche non rappresentativi

Con sentenza n. 1295 dell’8 febbraio 2024, il Consiglio di Stato ha ricordato che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, sussiste il diritto dell’organizzazione sindacale anche non rappresentativa ad esercitare il diritto di accesso per la cognizione di documenti che possano coinvolgere sia le prerogative del sindacato quale istituzione esponenziale di una determinata categoria di lavoratori, sia le posizioni di lavoro di singoli iscritti nel cui interesse e rappresentanza opera, purché l’accesso non configuri una forma di preventivo e generalizzato controllo dell’intera attività dell’amministrazione datrice di lavoro.

Secondo il Consiglio di Stato, infatti, la circostanza che il sindacato richiedente l’accesso non sia rappresentativo non incide affatto sulla sua legittimazione (nonché sulla sua astratta titolarità dell’interesse) ad agire, giacché proprio attraverso l’esercizio del diritto di accesso può acquisire quegli atti e documenti che gli sarebbe precluso conoscere – anche per intero – per effetto dei diritti di informazione derivanti dagli accordi sindacali in materia; infatti, la richiesta di accesso ha carattere accessorio e complementare rispetto ai diritti di informazione, differenziandosene solo per il contenuto (e la forma). Inoltre, la distinzione tra sindacati rappresentativi e non rappresentativi è rilevante ai fini della partecipazione alle trattative e alla conclusione degli accordi sindacali, ma non può incidere sulla diversa e autonoma disciplina del diritto di accesso di cui alla l. n. 241 del 1990.

Tuttavia, come ricordato in precedenza, secondo la giurisprudenza amministrativa il carattere propriamente collettivo e sindacale della richiesta di accesso non è sufficiente da solo a radicare un interesse valido e giuridicamente rilevante in capo al sindacato richiedente se la richiesta configura una forma di controllo generalizzato sulla pubblica amministrazione, quest’ultima costituendo un limite all’accesso espressamente stabilito dall’art. 24 della legge n. 241 del 1990; l’accesso a determinati documenti richiede infatti che sussista un interesse diretto a tutelare specifici interessi che debbono essere indicati preventivamente secondo quanto richiesto dall’art. 22 l. 241/1990.

Se è vero che la pubblica amministrazione detentrice del documento e il giudice amministrativo adito nel relativo giudizio di accesso non possono svolgere ex ante alcuna valutazione sull’ammissibilità, sull’influenza o sulla decisività dei documenti richiesto su un eventuale giudizio instaurato o instaurando, poiché un simile apprezzamento compete, se del caso, solo all’autorità giudiziaria investita della questione, salvo il caso di una evidente, assoluta, mancanza di collegamento tra il documento e le esigenze difensive (Cons. Stato, sez. V, 29 settembre 2023, n. 8589; 17 luglio 2023, n. 6978), è altrettanto vero che le finalità dell’accesso devono essere dedotte e rappresentate dalla parte istante in modo puntuale e specifico nell’istanza di ostensione e suffragate con idonea documentazione e ciò anche allo scopo di consentire all’Amministrazione detentrice del documento il vaglio del nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta di astratta pertinenza con la situazione finale controversa, dovendosi escludere la sufficienza di un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente o ancora instaurando poiché l’ostensione del documento passa attraverso uno scrupoloso vaglio circa il nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale controversa (Cons. Stato, sez. VI, 19 maggio 2023, n. 5015). Inoltre è stato affermato che ai fini dell’accesso agli atti difensivo è necessario che sussista una strumentalità fra accessibilità dei documenti amministrativi ed esigenze di tutela, che si traduce in un onere aggravato sul piano probatorio, in quanto spetta alla parte interessata l’onere di dimostrare che il documento al quale intende accedere è necessario per la cura o la difesa dei propri interessi (Cons. Stato, sez. II, 28 marzo 2023, n. 3160).