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Nuovi orientamenti applicativi Aran settembre 2021

In data odierna l’ARAN ha pubblicato nella propria banca dati numerosi nuovi orientamenti applicativi concernenti il personale delle Funzioni Locali, alcuni dei quali relativi al personale dirigente ed altri al personale non dirigente.
Di seguito i nuovi pareri rilasciati dall’Agenzia.

Il divieto contenuto all’art. 45, comma 5, del CCNL 21/05/2018 (il quale dispone che il personale di cui al presente articolo interessato ai corsi ha diritto all’assegnazione a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi stessi e la preparazione agli esami e non può essere obbligato a prestazioni di lavoro straordinario né al lavoro nei giorni festivi o di riposo settimanale), in materia di diritto allo studio, opera anche nei confronti del personale turnista?
La disciplina contenuta all’art. 45, comma 5, del CCNL 21/05/2018, in coerenza con gli orientamenti espressi in materia di “turni”, non opera nei confronti del personale turnista, quando “ordinariamente”, in base alla propria articolazione oraria, deve lavorare nella giornata di domenica o in festività infrasettimanale ricadente nella sua ordinaria articolazione a turno.

L’amministrazione è obbligata a concedere un giorno di ferie, in una giornata festiva infrasettimanale o festiva, richiesto dal personale turnista iscritto ad un corso di studi?
Atteso che le ferie sono un diritto irrinunciabile, fruibile comunque previa autorizzazione, compatibilmente con le esigenze di servizio, si ritiene che, l’amministrazione, nell’ambito delle sue prerogative datoriali, debba necessariamente operare un bilanciamento tra l’esigenza di garantire la regolare erogazione del servizio, rispetto all’esigenza del lavoratore, anche se iscritto ad un corso di studi.

Quali sono le condizioni legittimanti a fruire dei benefici a favore dei dipendenti affetti da patologie gravi che richiedano terapie salvavita, di cui all’art 37 del CCNL comparto Funzioni Locali del 21/05/2018?
L’art. 37 del CCNL comparto Funzioni Locali del 21/05/2018 ha introdotto una particolare tutela a favore dei dipendenti affetti da patologie gravi che richiedano terapie salvavita od altre assimilabili.
Le condizioni legittimanti a fruire dei benefici della disciplina in esame sono essenzialmente due e devono necessariamente coesistere:
– attestazione di sussistenza di grave patologia che richiede terapia salvavita, rilasciata ai sensi del comma 2 dell’art. 37, ai sensi del quale “2. L’attestazione della sussistenza delle particolari patologie richiedenti le terapie salvavita di cui al comma 1 deve essere rilasciata dalle competenti strutture medicolegali delle Aziende sanitarie locali o dalle strutture con competenze mediche delle pubbliche amministrazioni o da enti accreditati”. Tale procedura di riconoscimento della grave patologia deve essere attivata dal dipendente;
– certificazione di malattia, rilasciata dal medico dalla struttura medica convenzionata ove è stata effettuata la terapia o dall’organo medico competente, intendendo per tale anche il medico di medicina generale che, come nel caso di specie, ove sussista il nesso causale tra la terapia salvavita e l’incapacità lavorativa, può rilasciare il certificato di malattia telematico barrando la casella “patologia grave che richiede terapia salva vita”.

La condizione per il primo inquadramento in categoria D3, prevista della clausola contenuta all’art. 12 del CCNL 21/05/2018 vale anche per le procedure di stabilizzazione di cui all’art 20 del D.Lgs 75/2017?
Dal combinato disposto dei commi 5 e 9 dell’art. 12 del CCNL 21/05/2018 si evince chiaramente che la condizione per il primo inquadramento in categoria D3, è legata al momento di avvio della procedura concorsuale che doveva essere in corso al momento dell’entrata in vigore del CCNL del 21/05/2018. Tale condizione, per effetto del rinvio contenuto al comma 10 dello stesso articolo, deve sussistere anche per le procedure di stabilizzazione di cui all’art 20 del D.Lgs. 75/2017, possibile, pertanto, soltanto nei casi di procedure già avviate alla data di entrata in vigore del CCNL in oggetto.

Contrattare i “I criteri di ripartizione delle risorse disponibili per la contrattazione integrativa “di cui all’art. 7, comma 4, lett. a) del CCNL del 21.5.2018 deve tradursi nel contrattare le somme destinate alle singole indennità?
Il primo compito del contratto integrativo si identifica con la esatta individuazione dei criteri per “distribuire” le risorse disponibili tra le diverse finalità di utilizzo, tenendo conto delle caratteristiche delle stesse. Si tratta di un compito di grande rilevanza che richiede equilibrio e senso di responsabilità da parte delle due delegazioni trattanti. Il vincolo della contrattazione integrativa, quindi, si può ritenere sussistente solo in relazione ai criteri di ripartizione delle risorse complessivamente disponibili presso l’ente tra i diversi istituti e le diverse finalità di spesa previste dall’art.68 del CCNL del 21.5.2018. Tuttavia, non può non evidenziarsi come i “criteri contrattati” debbano comunque essere, successivamente, anche applicati concretamente in modo da offrire alle parti negoziali decentrate il quadro delle effettive risorse (stabili o variabili) a disposizione e perciò destinabili al finanziamento di ciascuna delle tipologie del trattamento accessorio previste dalla disciplina contrattuale. Ciò che rileva, quindi, è che, pur non indicandosi i valori numerici relativi a ciascuna voce di utilizzo, i criteri contrattati devono essere esplicitati in modo tale da consentire, comunque, di avere contezza delle somme spendibili per ciascuna finalità. In tal senso, appare possibile, ad esempio, indicare i valori percentuali in luogo di valori assoluti.

È possibile riconoscere continuità agli istituti contrattuali maturati e non goduti (come ad es. le ferie, le ore di straordinario, i permessi retribuitivi di cui agli artt. 32 e 35 del CCNL comparto Funzioni Centrali 2016/2018) nel caso di progressione tra le aree ai sensi dell’art. 22, comma 15 del D.Lgs. n. 75/2017?
Preliminarmente, la scrivente Agenzia evidenzia la necessità di distinguere tra l’ipotesi di novazione del rapporto di lavoro a seguito di concorso pubblico e quella di continuazione dello stesso in caso di progressione tra le aree professionali.
Com’è noto, la procedura prevista dall’art. 22, comma 15 del D. Lgs. n. 75/2017 permette di attivare, limitatamente per il triennio 2018-2020 e nei limiti delle vigenti facoltà assunzionali, procedure selettive per la progressione tra le aree riservate al personale di ruolo, fermo restando il possesso dei titoli di studio richiesti per l’accesso dall’esterno. Orbene, la locuzione “progressione tra le aree”, sebbene improntata a princìpi selettivi, non comporta alcuna novazione del rapporto di lavoro in quanto non si tratta di un concorso pubblico. Il lavoratore interessato, dunque, continuerà il proprio preesistente rapporto di lavoro con la medesima Amministrazione ma, con un inquadramento diverso -e superiore- rispetto al precedente.
Da ciò ne consegue, evidentemente, che allo stesso dovrà riconoscersi la trasposizione, nonché il godimento, di tutti quegli istituti che hanno avuto maturazione prima della progressione e non siano stati fruiti (come ad esempio le ferie, i permessi ex art. 32 e 35 del CCNL citato, ecc…).
A soluzione opposta, invece, si perviene nel caso di concorso pubblico, indipendentemente dal fatto che esso avvenga con o senza riserva di posti per il personale di ruolo.
Il lavoratore di cui si tratta, infatti, una volta superato tale concorso, instaura con l’Amministrazione un nuovo rapporto di lavoro, diverso per natura e contenuti, da quello di cui precedentemente era titolare con la stessa. Tale novazione del rapporto comporta, in questo caso, l’estinzione del precedente rapporto di lavoro con il conseguente venir meno, quindi, anche di tutte le situazioni soggettive che in esso trovavano il proprio fondamento.

Le previsioni di cui all’art. 29, in tema di misure per disincentivare elevati tassi di assenza del personale, del CCNL Area delle Funzioni Locali del 17/12/2020, da quale anno possono produrre effetti sulle risorse accessorie?
L’art. 29, comma 1, del CCNL del 17.12.2020 chiarisce espressamente che, qualora sulla base dei dati consultivi rilevati nell’anno successivo, non siano stati conseguiti i complessivi obiettivi di miglioramento dei tassi di assenza riferiti a tutto il personale appartenente alle diverse amministrazioni del comparto, non possano essere incrementate, rispetto alla consistenza riferita all’anno precedente, le risorse variabili dei fondi destinati alla retribuzione di posizione, di risultato e trattamento economico accessorio. La richiamata norma, pertanto non contiene una previsione specifica volta ad imporre una riduzione delle assenze rispetto alla annualità precedente ma, diversamente, rimette ai singoli enti o amministrazioni l’onere di individuare, preventivamente, gli obiettivi di miglioramento dei tassi di assenza del personale.
Ai sensi dell’art. 2, comma 2 del medesimo CCNL, l’efficacia della disposizione decorre, come gli altri istituti giuridici ed economici ivi contemplati (salvo diversa esplicita prescrizione), dal giorno successivo all’entrata in vigore del CCNL e, cioè dal 18 dicembre 2020. Si ritiene, pertanto che il primo anno in cui possa essere verificato il raggiungimento degli obiettivi di miglioramento, non possa che essere il 2022 (in relazione agli obiettivi stabiliti nel 2021).

L’art. 107, comma 2, del CCNL 17/12/2020 relativo all’Area delle Funzioni locali ha modificato la previgente disciplina in materia di comparazione della retribuzione di posizione del segretario con quella attribuita alla funzione dirigenziale o alla posizione organizzativa più elevata nell’ente, c.d. “galleggiamento”: la comparazione deve avvenire con la retribuzione di posizione teorica o effettiva?
Ai sensi dell’art.41, comma 5, del CCNL dei Segretari e comunali e provinciali del 17/05/2001 (disciplina confermata dall’art. 111, comma 1, lett. B), primo alinea del CCNL del 17/12/2020, ai fini dell’applicazione del cosiddetto “galleggiamento” della retribuzione di posizione del segretario, si deve considerare esclusivamente la retribuzione di posizione stabilita per la funzione dirigenziale più elevata nell’ente, in base al contratto collettivo della dirigenza, o, negli enti privi di dirigenza, a quella del personale incaricato della più elevata posizione organizzativa.
La formulazione della norma (“… stabilita per la funzione dirigenziale più elevata dell’ente in base al contratto collettivo dell’area della dirigenza …”) consente di affermare che la retribuzione di posizione da prendere in considerazione è solo ed esclusivamente quella prevista dal CCNL della dirigenza attualmente in vigore.
Il confronto, quindi, ai fini del galleggiamento, deve essere effettuato tra le retribuzioni di posizione del segretario e quella della dirigenza o della posizione organizzativa più elevata, tenendo conto dell’effettivo valore (e non di quello teorico) stabilito per queste ultime, così come realmente riconosciuto e corrisposto al dirigente o al funzionario incaricato della posizione organizzativa.
Ove, pertanto, sia stata data applicazione alle previsioni dell’art. 27, comma 5, del CCNL del 23/12/1999 (nel rispetto dei presupposti applicati ivi previsti) e sia stato riconosciuto, per alcune funzioni dirigenziali, un importo di retribuzione di posizione superiore al valore massimo contrattualmente previsto, del valore più elevato dovrà tenersi conto anche ai fini del galleggiamento.
Per le medesime ragioni sopra illustrate, dovrà tenersi conto, ai fini del calcolo del “galleggiamento”, anche dell’incremento annuo lordo di Euro 409,50, ex art. 54, comma 4 del CCNL del 17/12/2020, della retribuzione di posizione dirigenziale presa a riferimento per il suddetto calcolo. Ciò anche nel caso in cui tale retribuzione risultasse superiore al limite contrattuale, in applicazione delle richiamate previsioni di cui all’art. 27, comma 5, del CCNL del 23/12/1999.

L’interim dirigenziale viene remunerato con un quid in più di retribuzione di risultato. Tale retribuzione è assoggettata alle stesse dinamiche valutative adottate per l’erogazione della retribuzione di risultato?
L’art. 58 del CCNL del 17/12//2020 precisa che per l’incarico ad interim, dovrà essere attribuito a titolo di retribuzione di risultato, limitatamente al periodo di sostituzione, un importo di valore compreso tra il 15% ed il 30% del valore economico della retribuzione di posizione prevista per la posizione dirigenziale su cui è affidato l’incarico; la percentuale entro i valori indicati dal CCNL dovrà essere definita in sede di contrattazione integrativa, ai sensi dell’art. 45 comma 1 lett. c) del medesimo CCNL.
La citata norma chiarisce inequivocabilmente che, per l’incarico ad interim l’importo economico, così come parametrato alla percentuale stabilita dal contratto integrativo, dovrà essere attribuito a titolo di retribuzione di risultato e, pertanto, con il medesimo regime e con le stesse dinamiche adottate per l’erogazione della richiamata voce economica.
Evidentemente l’importo della retribuzione di risultato che sarà effettivamente erogato al dirigente terrà conto, secondo le regole generali, della valutazione complessiva dei risultati conseguiti dallo stesso nell’espletamento degli incarichi allo stesso conferiti.
Sulla base di criteri autonomamente determinati, quindi, l’ente procederà alla valutazione annuale dei risultati conseguiti dal dirigente interessato anche con riferimento all’incarico di cui sia titolare ad interim, tenendo conto ovviamente della effettiva partecipazione da parte dello stesso al raggiungimento degli obiettivi prefissati per ciascuna posizione dirigenziale (quella di cui sia titolare e quella oggetto dell’interim).

Gli incrementi di cui al comma 4 dell’art. 54 del CCNL Area Funzioni Locali del 17/12/2020 sono finanziati dalle risorse di cui all’art. 56, comma 1, del medesimo CCNL, ossia dall’1,53% del monte salari 2015 della dirigenza; ciò che residua, di dette risorse di incremento, dopo l’applicazione del comma 4 dell’art. 54, ha un vincolo di destinazione a favore della retribuzione di risultato?
Il comma 4 dell’art. 54 del CCNL 17/12/2020 dell’Area delle Funzioni locali, dispone che “L’importo annuo lordo della retribuzione di posizione, comprensivo di tredicesima mensilità, stabilito per tutte le posizioni dirigenziali coperte alla data del 1/1/2018, è incrementato, con decorrenza dalla medesima data del 1/01/2018, di un importo annuo lordo, comprensivo di tredicesima, pari a € 409,50. Alla copertura di tale incremento concorrono le risorse di cui all’art. 56, comma 1, destinate dal presente CCNL al Fondo per la retribuzione di posizione e di risultato”.
Il comma 5 dello stesso articolo, a seguire, aggiunge che “Gli enti, nei limiti delle risorse del Fondo per la retribuzione di posizione e di risultato, possono adeguare il valore della retribuzione delle posizioni dirigenziali non coperte alla medesima data tenendo conto degli incrementi risultanti dall’applicazione del comma 4”.
Gli incrementi di cui al comma 4 dell’art. 54 sono finanziati dalle risorse di cui all’art. 56, comma 1, del medesimo CCNL, ossia dall’1,53% del monte salari 2015 della dirigenza; ciò che residua, di dette risorse di incremento (dopo l’applicazione del comma 4 dell’art. 54), ha un vincolo di destinazione a favore della retribuzione di risultato (come disposto dal comma 2 dell’art. 56).
Nei limiti delle risorse dell’intero Fondo per la retribuzione di posizione e di risultato, tenendo conto degli incrementi risultanti (sulle retribuzioni di posizioni coperte al 1/01/2018) dall’applicazione del comma 4 dell’art. 54 e  nel rispetto dei vincoli di destinazione delle medesime risorse a favore della retribuzione di risultato, con specifico riferimento a quelli previsti all’art. 56, comma 2, e all’art. 57, comma 3 (non meno del 15% delle risorse del Fondo), gli enti possono, altresì, adeguare (ex art. 54 comma 5) il valore delle retribuzioni di posizioni dirigenziali delle posizioni non coperte alla medesima data del 1/01/2018.

L’incentivazione monetaria prevista dell’articolo 52 del CCNL dell’Area Funzioni Locali del 17/12/2020, può essere estesa anche ai casi di comando?
L’istituto in esame è stato introdotto per incentivare la mobilità territoriale dei dirigenti verso “enti che presentino situazioni oggettive di particolare difficoltà organizzative e funzionali”, si ritiene che, come si evince dalla formulazione letterale della rubrica dell’articolo 52 del CCNL in oggetto, la portata applicativa dello stesso sia limitata ai soli casi di mobilità stricto sensu, ex art. 30, comma, 1 del D.Lgs. 165/01.