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Non consentita la stabilizzazione di soggetti che abbiano perso lo status di lavoratori precari

Con la recente deliberazione n. 15/2021/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti dell’Abruzzo ha confermato quell’orientamento interpretativo secondo cui non può considerarsi conforme alla ratio legis del “superamento del precariato” la stabilizzazione di un lavoratore già legato da un contratto subordinato a tempo indeterminato nel comparto pubblico.

Come in proposito rilevato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 872 del 3 febbraio 2020, infatti, “l’esistenza di un rapporto di lavoro stabile integra un antefatto incompatibile con l’idea stessa di stabilizzazione” in quanto viene meno la condizione di lavoratore temporaneo. Rimossa la condizione di precariato non si può, pertanto, incorrere in alcuna stabilizzazione, in quanto si cadrebbe in un’evidente contraddizione.

Passando poi al secondo quesito posto dall’Ente istante, relativo alla possibilità di stabilizzare con un contratto a tempo pieno un lavoratore a termine reclutato con una specifica procedura per l’assunzione part time e non full time, la Corte ha chiarito come – ai fini dell’ammissibilità della stabilizzazione – i candidati debbano semplicemente versare in situazione di lavoro precario pubblico, posto che ogni altra valutazione discriminante di ammissibilità in base alla forma oraria prevista nell’impiego verrebbe a violare il principio di parità di trattamento.

La forma contrattuale flessibile, infatti, non può essere interpretata in maniera restrittiva in contrasto con le finalità espresse dal Legislatore. Tale interpretazione trova, peraltro, un riscontro indiretto nella circolare del Dipartimento della funzione pubblica, n. 1 del 2018, che osserva come “il rinvio al servizio prestato alle dipendenze della amministrazioni…è da intendere in senso ampio ovvero comprensivo delle diverse tipologie di contratto flessibile poste in essere dall’amministrazione”.