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Mobilità volontaria: escluso ogni diritto al superiore inquadramento del lavoratore trasferitosi e alle conseguenti differenze retributive

Con la recente ordinanza n. 24487 del 10 settembre 2021, la Suprema Corte di Cassazione ha ricordato che, valorizzando la ratio dell’istituto e le finalità perseguite dal legislatore, questa Corte ha già affermato in passato che: «dall’intervenuto accoglimento della domanda di passaggio ad altra amministrazione in relazione alla qualifica esposta nella domanda stessa, con inquadramento nella qualifica corrispondente, non discende il diritto per il dipendente ad ottenere, in ordine al rapporto di lavoro costituito su tale base, il superiore inquadramento neppure in ragione della qualifica superiore acquisita, nelle more del passaggio stesso, nell’Amministrazione di provenienza, atteso che il passaggio è chiesto ed avviene proprio in ragione di una disponibilità creatasi nell’organico dell’Amministrazione di destinazione, nella qualifica prevista; la domanda di passaggio non può essere scissa dalla qualifica per cui è chiesta in ragione delle disponibilità palesate dall’Amministrazione di destinazione, né dall’atto di quest’ultima, che dà corso al passaggio, può essere scorporato quanto relativo al trasferimento da quanto relativo alla qualifica per cui lo stesso è effettuato, non sussistendo un diritto del dipendente al passaggio indipendentemente dal posto in organico per cui è stato chiesto e disposto» (v. Cass. 5 ottobre 2016, n. 19925 e negli stessi termini Cass. 2 gennaio 2017, n. 2).

Per le medesime ragioni evidenziate nelle richiamate pronunce, condivise dal Collegio, si deve escludere che il dipendente la cui domanda di mobilità sia stata accolta in relazione ad una specifica vacanza verificatasi nell’ente di destinazione ed abbia accettato la valutazione espressa da quest’ultimo quanto alla corrispondenza fra aree e profili professionali di inquadramento, possa poi contestare a passaggio già avvenuto l’inquadramento riconosciutogli e pretendere di rimanere all’interno dell’ente di destinazione con un diverso e superiore profilo professionale, percependo le relative differenze retributive; ove ciò fosse consentito si finirebbe per alterare il bilanciamento di interessi che il legislatore ha inteso realizzare attraverso il meccanismo della mobilità e verrebbero mortificate proprio quelle esigenze di efficienza, buon andamento e contenimento della spesa complessiva che le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche mirano ad assicurare in attuazione dei principi costituzionali di cui all’art. 97.

L’amministrazione di destinazione, infatti, si vedrebbe imposta un rapporto di lavoro relativo ad una posizione diversa da quella vacante, per la quale aveva ritenuto di doversi avvalere della mobilità, e ciò si risolverebbe in una violazione dell’art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001 che, come già evidenziato, in tutte le versioni succedutesi nel tempo ha sempre individuato nella vacanza del posto in organico una condizione imprescindibile e necessaria per l’attivazione della procedura.

Del resto, prosegue ancora l’ordinanza, vanno considerate le peculiarità proprie del rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e dell’istituto del passaggio diretto che, come si è già detto, risponde anche ad un interesse del lavoratore il quale è messo in condizione di conoscere il posto che andrà a ricoprire nell’ente di destinazione ed il profilo di inquadramento che gli verrà riconosciuto ed è libero di non accettare il passaggio.

Ove manifesti il proprio assenso, evidentemente perché ritenga prevalenti interessi personali (proprio perché tali non tipizzabili a priori) che rendono per lui più conveniente il passaggio, non potrà poi revocare l’assenso dato e pretendere di rimanere all’interno dell’ente di destinazione in una posizione diversa rispetto a quella oggetto della procedura; né si può sostenere che un inquadramento non esattamente corrispondente a quello originario sarebbe consentito solo per i passaggi attuati dopo l’entrata in vigore dell’art. 1, comma 19, del d.l. 13.8.2011 n. 138 che ha modificato l’art. 2 bis dell’art. 30 prevedendo espressamente la possibilità del trasferimento anche nell’ipotesi in cui la vacanza sia presente in area diversa, purché venga assicurata la necessaria neutralità finanziaria.

Il legislatore, infatti, ha solo reso esplicito un principio già desumibile, per le ragioni dette, dalla disciplina previgente ed ha rimarcato lo stretto ed indispensabile collegamento fra cessione e vacanza nonché fra passaggio diretto e necessaria invarianza della spesa.