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Lo smart working diffuso richiede un adeguamento del sistema di valutazione della performance

L’emergenza Coronavirus ha determinato un utilizzo massiccio del lavoro agile (o smart working) da parte delle pubbliche amministrazioni.

Le misure emergenziali adottate dal Governo italiano al fine di arginare la diffusione del contagio, hanno infatti imposto agli enti pubblici di fare ampio ricorso a tale modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, limitando la presenza del personale negli uffici ai soli casi in cui la presenza fisica sia indispensabile per lo svolgimento di attività indifferibili o strettamente funzionali alla gestione dell’emergenza.

Ovviamente, i dipendenti in smart working hanno titolo a percepire anche i compensi di produttività, secondo le previsioni dei contratti integrativi vigenti presso ciascuna Amministrazione. L’art. 20, comma 1, della legge n. 81/2017 stabilisce, infatti, che “il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato (…) nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda”.

Per molti enti, tuttavia, ciò comporta inevitabilmente un adeguamento dei propri sistemi di misurazione e valutazione della performance, posto che la normativa vigente vieta ogni attribuzione generalizzata dei compensi per produttività sulla base di automatismi comunque denominati.

Ma come si può, in un contesto di smart working, effettuare una misurazione oggettiva dei risultati, sia in termini di ottenimento degli obiettivi di performance che comportamentali?

Come si legge nella Direttiva del Presidente Consiglio Ministri – Dipartimento Funzione Pubblica – del 1° giugno 2017, n. 3, “le amministrazioni pubbliche che vogliono sperimentare con successo lo smart working sono chiamate a rafforzare i metodi di valutazione improntati al raggiungimento dei risultati a fronte di obiettivi prefissati e concordati al fine di adattarli a un’attività lavorativa gestita per obiettivi e a valutare gli esiti nell’ambito della misurazione della performance”.

Con il lavoro agile si impone cioè un ripensamento del processo di performance management e di valutazione del personale, basato più sulla definizione di obiettivi da raggiungere che non sulle attività puntuali da svolgere.

D’altronde, se una persona lavora fuori dal classico ufficio, la valutazione della sua prestazione deve essere parametrata principalmente in funzione del risultato atteso piuttosto che del corretto adempimento di determinate procedure.

Tuttavia, poiché l’eccezionale contesto emergenziale ha imposto alle amministrazioni pubbliche di estendere il lavoro agile anche a situazioni lavorative che – in un regime ordinario – potrebbero presentare aspetti problematici in termini di sostenibilità organizzativa, consigliamo di affiancare alla valutazione dei risultati l’osservazione dei comportamenti tenuti dallo smart worker. Si potrebbe a questo proposito immaginare un set di competenze, comportamenti e soprattutto attitudini, in parte consueti ed in parte innovativi, utili a “motivare” un performance rating complessivo (a cui legare ovviamente dei concreti risultati). A titolo esemplificativo possiamo ipotizzare: capacità organizzative; capacità di gestione delle priorità; capacità di gestire nuovi strumenti di comunicazione; capacità di gestire il cambiamento; velocità di risposta; capacità di analisi e di decisione; capacità di comunicazione a distanza usando email e new media; capacità di pianificazione delle attività.