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Le spese da contenzioso della società in house non sono riconoscibili come debito fuori bilancio dell’ente socio

La Sezione regionale di controllo per il Lazio della Corte dei conti, con deliberazione n. 14/2021PAR, ha formulato il proprio orientamento in riscontro ai quesiti posti dal Comune di Roma in merito alla possibilità di riconoscere, da parte dell’ente socio, ai sensi dell’art. 194 TUEL, debiti fuori bilancio originati da sentenze e da provvedimenti di condanna, emessi nei confronti di una propria società in house strumentale.

I magistrati contabili hanno approfondito le possibili fattispecie di riconoscimento dei debiti fuori bilancio proposte dall’ente istante, riconducibili alla lett. a) (debiti da sentenze esecutive) oppure alla lett. e) (debiti per acquisizione di beni e servizi in violazione della corretta procedura contabile di spesa) dell’art. 194 TUEL.

In entrambi i casi, la Sezione di controllo non ha ritenuto percorribile la procedura di riconoscimento di debito fuori bilancio; per quanto riguarda l’ipotesi di debito da sentenze esecutive (lett. a) art. 194 TUEL), la Sezione, ravvisata l’esistenza di un’alterità soggettiva tra l’ente locale ed il proprio organismo in house, ha ritenuto che “possa escludersi il ricorso alla procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio dell’ente locale e, dunque, all’applicazione dell’art. 194, comma 1, lett. a) TUEL in presenza di debiti originati da provvedimenti giudiziari adottati direttamente nei confronti di una società in house, rispetto a cui, pertanto, si rileva l’estraneità della posizione giuridica dell’ente socio.” Anche con riferimento alla fattispecie di cui alla lett. e) dell’art. 194 TUEL i magistrati contabili non hanno ravvisato le condizioni per applicare la procedura di riconoscimento del debito fuori bilancio in quanto “l’oggetto del riconoscimento del debito fuori bilancio non consiste nel corrispettivo di beni e servizi, acquisiti dall’ente in violazione del normale iter giuscontabile, ma in un debito derivante da provvedimento giudiziario riguardante due parti, rispetto a cui non può che ribadirsi l’estraneità dell’ente socio in quanto diverso e autonomo soggetto di diritto rispetto alla società in house.”

La Sezione regionale di controllo ha inoltre fornito alcune utili indicazioni circa la possibilità e le condizioni che devono essere rispettate affinché l’ente locale possa sostenere finanziariamente la propria società in house nell’affrontare le suddette spese da contenzioso; si riporta di seguito stralcio della deliberazione in oggetto: “Esclusa, pertanto, l’applicazione dell’art. 194 TUEL, il sostegno finanziario, erogato da un ente locale ad un organismo partecipato per far fronte a propri debiti da contenzioso, appare inquadrabile nella fattispecie dell’accollo di debiti altrui che l’Ente, pur non essendovi obbligato, potrebbe, in astratto, decidere di deliberare, in via contrattuale, nell’ambito delle proprie scelte discrezionali (cfr. deliberazione Sezione regionale di controllo per la Basilicata, n. 28/2011/PAR). Sotto il profilo contabile, in tale ipotesi, si dovrà procedere secondo le ordinarie procedure, disciplinate dall’art. 191 TUEL e, dunque, ad un previo stanziamento in bilancio, che assume valenza autorizzatoria.

Giova rimarcare, ad ogni buon fine, che il principio di economicità richiede che l’ente dia conto delle ragioni di vantaggio e di utilità che supportano tale operazione contrattuale, tali da giustificare la perdita del beneficio del limite legale della responsabilità da parte della pubblica amministrazione.
È onere dell’ente locale, difatti, al di fuori delle fattispecie tipizzate dal Legislatore per cui sussiste il divieto assoluto del c.d. soccorso finanziario (art. 14, comma 5, del TUSP), giustificare la sussistenza di un’utilità che possa ascriversi ad un interesse pubblico specifico e concreto (cfr. deliberazione Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 106/2017/PRNO, secondo cui “Se l’ente decidesse -nella propria discrezionalità politica- di accollarsi i debiti della società partecipata in liquidazione, lo stesso dovrebbe evidenziare, attraverso congrua motivazione, la sussistenza di un interesse pubblico concreto giustificativo dell’operazione da intraprendere, valutandone attentamente la sostenibilità finanziaria. Tale scelta, infatti, finirebbe inevitabilmente per costituire una rinuncia implicita al limite legale della responsabilità patrimoniale della società di cui all’art. 2325 cc”).

Peraltro, l’interesse pubblico che giustifica l’utilizzo di risorse di bilancio non può consistere nella sola tutela dei creditori, pena la violazione della par condicio creditorum. Tale interesse pubblico deve, difatti, concretizzarsi in qualcosa di diverso e più specifico e la motivazione circa tale scelta, proprio perché comporta la rinunzia al limite legale della responsabilità patrimoniale per debiti, impone, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte (cfr. deliberazione Sezione regionale di controllo per la Basilicata, n. 28/2011/PAR) che:
– si individui lo schema causale di contratto al quale ricondurre l’operazione di assunzione del debito;
– si verifichi se le condizioni finanziarie dell’ente la permettono, effettuando, pertanto, una previa valutazione di sostenibilità finanziaria dell’operazione;
– si dia conto delle ragioni di vantaggio e di utilità evidente per l’ente che la giustificano. Risulta, pertanto, essenziale un’ampia e puntuale motivazione a dimostrazione dell’esistenza o di una esigenza di carattere pubblico e superiore da soddisfare in termini indifferibili o quale espressione di una rinnovata capacità programmatoria e gestoria dell’attività in sofferenza finanziaria che si rifletta in termini di economicità ed efficienza per risultati, comunque, sempre legati a necessità diffuse e mai per gestione di attività di rischio (cfr. deliberazione Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo, n. 157/2020/PAR).”