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La rideterminazione dell’ammontare delle indennità spettanti agli amministratori locali fa il pieno di dubbi applicativi

Numerose sono le richieste di chiarimento che riceviamo in questi giorni in merito all’applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 583 a 587 dell’articolo 1 della legge n. 234/2021 (legge di bilancio per il 2022), le quali, come noto, hanno previsto che le indennità di funzione dei Sindaci metropolitani e dei Sindaci dei comuni delle regioni a statuto ordinario (nonché, a cascata, degli altri amministratori locali) vengano parametrate al trattamento economico complessivo dei Presidenti delle Regioni (attualmente pari a 13.800 euro lordi mensili) secondo percentuali differenti determinate in relazione alla popolazione risultante dall’ultimo censimento ufficiale.

Molti enti ci hanno giustamente fatto notare che, stando alla relazione tecnica allegata al provvedimento, le risorse stanziate dalla Manovra per l’attuazione delle predette finalità (pari a 100 milioni di euro per l’anno 2022, 150 milioni di euro per l’anno 2023 e 220 milioni di euro a decorrere dall’anno 2024) appaiono perfettamente coincidenti con il maggior onere sostenuto dai comuni per la corresponsione dell’incremento delle indennità di funzione de quibus. Sembrerebbe cioè che il contributo statale garantisca l’integrale copertura del maggior onere finanziario che ne deriva laddove l’incremento venga stabilito dall’ente in misura graduale nell’arco del triennio 2022-2024 (in caso diverso, la differenza tra l’adeguamento percentuale previsto e la misura a regime dovrà invece certamente essere garantito con fondi di bilancio).

Ciò, del resto, trova piena conferma nella parte conclusiva della nota inviata dal Ragioniere Generale dello Stato all’Anci il 5 gennaio u.s., ove si evidenzia chiaramente che “le risorse stanziate dal comma 586, a titolo di concorso alla copertura del maggior onere sostenuto dai comuni per la corresponsione dell’incremento delle indennità di funzione in esame (100 mln di euro per l’anno 2022, 150 mln di euro per l’anno 2023 e 220 mln di euro a decorrere dall’anno 2024) sono coerenti con l’applicazione delle predette percentuali di adeguamento agli incrementi a regime dell’anno 2024”.

Ma allora, se così stanno le cose, si deve escludere categoricamente l’esistenza di oneri finanziari a carico dell’ente a titolo di cofinanziamento? E se così è, per quale motivo il comma 586 precisa che la corresponsione del contributo statale è prevista a mero titolo di concorso alla copertura dei maggiori oneri sostenuti dai comuni per la corresponsione dell’incremento in parola?

A ben vedere, la relazione tecnico finanziaria allegata al Ddl di bilancio 2022 quantifica (per altro con qualche imprecisione, visto che il compenso spettante ai presidenti dei consigli dei comuni con popolazione compresa tra 10.000 e 15.000 abitanti è pari non già a quello degli assessori comunali bensì al 10% di quello previsto per il sindaco) il costo complessivo a carico della finanza pubblica come differenza fra l’indennità massima astrattamente erogabile in base alla normativa previgente e quella spettante agli amministratori alla luce della nuova disciplina appena emanata.

Sennonché, nei comuni spesso l’indennità di carica effettivamente percepita dagli amministratori si è attestata ad un livello decisamente più basso rispetto alla misura teoricamente spettante (valore edittale di cui al D.M. n. 119/2000 decurtato della percentuale di cui all’art. 1, comma 54, della L. 266/2005), per cui il maggior costo corrispondente alla differenza fra questi due importi dovrebbe in teoria rimanere a carico del comune.

Un semplice esempio numerico può forse chiarire meglio questo concetto.
Prendiamo a riferimento un Comune con una popolazione di 8.000 abitanti.
L’indennità massima erogabile mensilmente al Sindaco prima dell’entrata in vigore della legge di bilancio 2022 ammontava ad € 2.509, 98;
Il nuovo limite massimo del compenso mensile erogabile al Sindaco a partire dal 2024 è pari ad € 4.002,00;
Il maggior onere complessivo che ne consegue è dunque di € 1.492,02 al mese (differenza tra i due importi sopra citati);
Supponiamo, però, che l’effettiva entità del compenso mensile erogato al Sindaco al 31/12/2021 fosse pari ad € 2.000,00;
In questo caso, il maggior costo complessivo che l’Ente deve sostenere per incrementare l’indennità fino all’importo massimo di € 4.002,00 è pari ad € 2.002,00, ma il contributo statale, stando alla relazione tecnica, dovrebbe fermarsi ad € 1.492,02;
Sicché, la somma di € 509,98 (pari alla differenza tra i due importi di cui sopra) dovrebbe in teoria gravare sul bilancio dell’Ente.

 

Altra questione molto dubbia è quella legata alla perdurante applicabilità delle maggiorazioni previste dall’art. 2 del già citato D.M. 119/2000, relative ai flussi stagionali, alle entrate proprie e alla spesa corrente pro-capite.
In questo caso, condividendo quanto in proposito affermato da autorevole dottrina, riteniamo che la facoltà di maggiorazione di cui al sopra menzionato regolamento sia venuta meno, poiché la legge di bilancio 2022 ha sostituito integralmente i parametri di determinazione della misura massima dell’indennità di funzione. Il regolamento del 2000, dunque, continuerà a trovare applicazione solo limitatamente all’individuazione dei parametri di determinazione delle indennità di carica da riconoscere al vice-sindaco, agli assessori e al presidente del consiglio (si veda in tal senso il comma 585 della L. n. 234/2021), nonché per la misura dei gettoni di presenza dei consiglieri, che restano fissate nell’importo indicato nella tabella A (ovviamente ridotte del 10% in applicazione dell’articolo 1, comma 54, legge n. 266/2005).