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La mobilità “in entrata” di personale proveniente dai Comuni non ha più valenza neutrale per le Province

Le province possono certamente ancora fronteggiare delle carenze organiche acquisendo del personale in mobilità proveniente dai Comuni, ma questa operazione non ha più valenza neutrale come avveniva in passato.

Lo ha ribadito recentemente la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti del Piemonte con la deliberazione n. 169/2020/PAR.

Come infatti evidenziato dal Collegio, nell’attuale contesto normativo, non più basato sulla logica del turn over, ma su criteri di sostenibilità finanziaria, la mobilità non può più considerarsi neutra, non ricorrendo quelle ragioni e quegli elementi su cui si fondava la sua stessa neutralità (sul punto, cfr. Sezione controllo Lombardia 74/2020/PAR e Sezione controllo Umbria 110/220/PAR).

Invero, con riferimento alle ragioni che consentivano di considerare neutra la mobilità in quanto strumento che determinava una più razionale distribuzione dei dipendenti già in servizio presso le diverse amministrazioni senza dover assumere nuovo personale con consequenziale incremento della spesa della pubblica amministrazione intesa nel suo complesso, va evidenziato come oggi venga in rilievo, non più la spesa del personale dell’intera pubblica amministrazione, bensì la spesa complessiva di personale del singolo ente. Di fatti, il nuovo regime introdotto dall’art. 33 richiede il rispetto di determinate soglie di spesa relativa a tutto il personale di un singolo ente, calcolate in termini percentuali rispetto alla media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati. Si tratta, quindi, della necessità che la spesa del personale non superi determinate soglie e, evidentemente, tali soglie fanno riferimento al singolo ente e non di quella dell’intero comparto pubblica amministrazione.

In secondo luogo, afferma la Sezione, va sottolineato che nell’attuale sistema non si assiste più all’imposizione di limitazioni alle assunzioni ma si richiede, come sopra già evidenziato, il rispetto di determinate soglie alla spesa del personale complessiva di uno specifico ente.

Quindi, oggi, si disattiva quell’effetto di neutralità che la mobilità in passato generava, in quanto essa non rileva più quale istituto che consente di evitare aumenti della spesa del personale incontrollati con riguardo all’intero comparto pubblico (secondo il meccanismo sopra descritto che riguarda sia l’ente in entrata sia l’ente in uscita) e ciò in quanto nell’attuale normativa si guarda alla spesa del personale del singolo ente e, inoltre, non vigono più limiti assunzionali cui sottoporre gli enti tra cui si espleta la procedura di mobilità.

In conclusione, tornando al caso di specie relativo alle assunzioni di personale da parte delle province tramite procedura di mobilità dai comuni, va detto che nell’attuale contesto normativo la mobilità non può più considerarsi neutra, non solo perché il legislatore ha preso in considerazione la spesa complessiva del personale del singolo ente e rispetto a quest’ultima l’acquisizione di personale mediante mobilità inevitabilmente incide, ma soprattutto perché non si tratta più di acquisizione di personale che avviene tra enti assoggettati entrambi a limiti assunzionali. E queste considerazioni valgono anche per l’attuale situazione in cui versano le province rispetto alle quali non è stato adottato il relativo decreto ministeriale. Invero, a parte l’attuale rilievo della spesa complessiva di personale del singolo ente, nel rapporto tra i due enti viene a mancare quel necessario elemento, richiesto sia dalla normativa sia dai pronunciamenti di questo Corte, che si sostanziava nel fatto che entrambi gli enti fossero soggetti a limitazioni assunzionali. E nel caso di assunzioni eseguite dalle province – per le quali non è stato ancora adottato il decreto attuativo – mediante mobilità da comuni – in cui è stato adottato il decreto attuativo – per uno dei due enti (il comune) non sono più operativi limiti assunzionali ma solo criteri di sostenibilità finanziaria.

Ciò è confermato anche dalla circolare del 13 maggio 2020 della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento Della Funzione Pubblica ove è previsto che: “(…) Conseguentemente le amministrazioni di altri comparti, nonché province e città metropolitane, che acquisiranno personale in mobilità da comuni assoggettati alla neointrodotta normativa non potranno più considerare l’assunzione neutrale ai fini della finanza pubblica, ma dovranno effettuarla a valere sulle proprie facoltà assunzionali. Quanto precede al fine di assicurare la neutralità della procedura di mobilità a livello di finanza pubblica complessiva (…)”.

È chiaro, però, conclude la Corte, che a questo punto occorrerà ripensare anche agli effetti delle mobilità “in uscita”, le quali potranno ragionevolmente essere prese in considerazione dalle province ai fini della determinazione delle proprie facoltà assunzionali.