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Incentivi tecnici: possibile riconoscere il compenso a dipendente di altra amministrazione aggiudicatrice

L’attività di verifica preventiva della progettazione di cui all’art. 26 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, svolta dai soggetti o dal soggetto individuati dal comma 6 dell’art. 26 nel rispetto delle condizioni di incompatibilità di cui al successivo comma 7, nonché caratterizzata in concreto da una particolare complessità che consenta di derogare al principio di onnicomprensività della retribuzione già in godimento, è incentivabile a norma dell’art. 113 del medesimo decreto legislativo, ricorrendone le condizioni generali per l’incentivabilità, anche a favore del dipendente pubblico di altra amministrazione aggiudicatrice posto in ausilio della stazione appaltante.

È quanto affermato dalla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti dell’Emilia Romagna con deliberazione n. 87/2020/PAR.

Il Collegio ha infatti osservato che gli indici normativi a disposizione non sembrano negare in alcun modo la possibilità di incentivare il dipendente di altra amministrazione a fronte dello svolgimento di funzioni tecniche. L’art. 113 individua al comma 2 nelle “amministrazioni aggiudicatrici” i soggetti che possono destinare compensi incentivanti per funzioni tecniche “svolte dai dipendenti delle stesse”: si tratta quindi di determinare se il complemento di specificazione vada inteso nel senso di riferirsi ai dipendenti della medesima amministrazione aggiudicatrice, che abbia provveduto allo stanziamento dei compensi incentivanti, ovvero eventualmente anche ai dipendenti di altre amministrazioni aggiudicatrici, le quali sono definite dall’art. 3 comma 1, lett. a) del Codice come “le amministrazioni dello Stato; gli enti pubblici territoriali; gli altri enti pubblici non economici; gli organismi di diritto pubblico; le associazioni, unioni, consorzi, comunque denominati, costituiti da detti soggetti”.

Per i Giudici contabili, milita a sostegno dell’interpretazione estensiva il dato letterale rinvenibile al comma 5 dell’art. 113, che al quarto periodo afferma che “Gli incentivi complessivamente corrisposti nel corso dell’anno al singolo dipendente, anche da diverse amministrazioni, non possono superare l’importo del 50 per cento del trattamento economico complessivo annuo lordo” ammettendo quindi implicitamente la possibilità per il dipendente pubblico di essere remunerato per funzioni tecniche anche da parte di altre amministrazioni aggiudicatrici.

Tale lettura appare poi coerente con la ratio della norma, che si è evoluta nel tempo passando da quella di incentivare prestazioni specialistiche poste in essere per la progettazione di opere pubbliche, per le quali le amministrazioni pubbliche che non dispongano di personale interno qualificato dovrebbero ricorrere al mercato attraverso il ricorso a professionisti esterni (con possibili aggravi di costi per il bilancio dell’ente) a quella, più generale, di accrescere l’efficienza della spesa attraverso l’incentivazione di un novero di attività, anche puramente amministrative, pur sempre funzionali alla realizzazione di appalti. Tale finalità non sembra in effetti in alcun modo contraddetta dal ricorso a professionalità reperibili nell’ambito dei soggetti qualificati come amministrazioni aggiudicatrici.

Una differente interpretazione potrebbe indurre a ritenere che la disposizione di cui comma 5 dell’art. 113 abbia voluto ricomprendere nel proprio ambito applicativo solo quelle funzioni tecniche la cui disciplina puntuale ammetta poi esplicitamente l’incentivabilità di dipendenti esterni alla stazione appaltante. Tuttavia, tale interpretazione si scontrerebbe con il dato normativo emergente dall’art. 102, riguardante l’attività (incentivabile ai sensi dell’art. 113) di collaudo, dove il comma 6 stabilisce che detta funzione possa essere svolta dai “dipendenti di altre amministrazioni pubbliche” e che per essi il compenso spettante “è determinato ai sensi della normativa applicabile alle stazioni appaltanti e nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 61, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”; poiché l’articolo 61 co. 9 del d.l. 112/2008 a propria volta stabilisce che: “Il 50 per cento del compenso spettante al dipendente pubblico per l’attività di componente o di segretario del collegio arbitrale è versato direttamente ad apposito capitolo del bilancio dello Stato; il predetto importo è riassegnato al fondo di amministrazione per il finanziamento del trattamento economico accessorio dei dirigenti ovvero ai fondi perequativi istituiti dagli organi di autogoverno del personale di magistratura e dell’Avvocatura dello Stato, ove esistenti; la medesima disposizione si applica al compenso spettante al dipendente pubblico per i collaudi svolti in relazione a contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche ai corrispettivi non ancora riscossi relativi ai procedimenti arbitrali ed ai collaudi in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”, il richiamo di tale norma all’interno del corpo del comma 6 dell’art. 102 in esame va interpretato nel senso di voler applicare nella fattispecie una disciplina specifica alla incentivabilità della (sola) funzione di collaudo per i (soli) dipendenti di altre amministrazioni pubbliche. Pertanto, tale norma va interpretata come una deroga al principio generale, confermando che esso va individuato nella incentivabilità del dipendente di altra amministrazione aggiudicatrice.