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Il controllo analogo deve combinare il potere direzionale dell’ente socio con l’autonomia gestionale della società

La sentenza n. 373/2021 della Corte dei conti – sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello contiene un interessante contributo all’inquadramento del modello in house providing, in particolare delle modalità di regolamentazione ed esercizio del controllo analogo, che devono attentamente bilanciare i doveri di presidio dell’ente socio (in tutte le fasi del ciclo gestionale) con l’autonomia operativa della società.

Chiamati a pronunciarsi sull’appello in merito al difetto di giurisdizione della Corte dei conti, i Giudici si soffermano sul requisito del controllo analogo; in particolare, contestando l’interpretazione della parte appellata, che inquadrava tale requisito come “un potere di comando direttamente esercitato sulla gestione della società finalizzato a “condizionare o comprimere, nella logica di una sovraordinazione di tipo gerarchico, l’autonomia gestionale e strategica della società partecipata”, i magistrati evidenziano come il potere di controllo dell’ente sulla partecipata non deve essere del tutto uguale a quello esercitato sui propri servizi, bensì simile. A sostegno di tale inquadramento, viene richiamata l’ordinanza della Corte di cassazione n. 14236/2020 che, secondo i Giudici, rappresenta un significativo arresto del quadro giurisprudenziale precedente, che fa segnare un’evoluzione nell’interpretazione del concetto di controllo analogo; in tal senso non viene ritenuta condivisibile una sua applicazione “tale da declassare la società di capitali a mera articolazione interna dell’ente pubblico, del tutto priva di autonomia e sottoposta all’identico potere gerarchico esercitato dall’Amministrazione sugli uffici dipendenti. Osta a tale interpretazione il dato letterale della norma che, qualificando il controllo esercitato come “analogo”, intende propriamente affermare che esso non è uguale ma semplicemente simile a quello esercitato dall’ente pubblico sui propri servizi gestiti direttamente”; ne deriva che la condizione per cui “la società in house risulti assoggettata ad un potere di direzione gerarchica indistinguibile da quello esercitato dall’ente pubblico sulle proprie articolazioni interne, appare incompatibile con i principi di autonomia patrimoniale e attribuzione della personalità giuridica che il codice civile riconosce alla società di capitali”.