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Esclusione limitata dal tetto del salario accessorio per gli incentivi relativi all’attività istruttoria connessa al rilascio di concessioni in sanatoria

Con deliberazione n. 69/2021/PAR, la Sezione regionale di controllo della Corte dei conti della Basilicata ha evidenziato che i soli proventi derivanti dall’incremento del 10% dei diritti ed oneri da rilascio delle concessioni edilizie in sanatoria (previsto dall’art. 32, comma 40, del D.L. n. 269 del 30/9/2003, convertito nella legge n.326/2003) possono considerarsi esclusi dal tetto agli emolumenti accessori posto dall’art. 23, co. 2, del D.Lgs. n. 75 del 2017.

Ad avviso della Sezione, infatti, solo per tali ultimi eventuali introiti si può parlare di somme derivanti da entrate appositamente deliberate dall’ente locale e destinabili al personale tecnico interno utilizzato nell’ambito di progetti finalizzati all’eliminazione dell’arretrato relativo alla conclusione dei procedimenti avviati a seguito della presentazione di domande di sanatoria di abusi edilizi.

Viceversa, in assenza di incremento fino ad un massimo del 10% dei diritti e degli oneri dovuti per il rilascio dei titoli abilitativi edilizi, così come ammesso dall’art. 32, comma 40, del D.L. n. 269 del 2003, non si ritiene possibile destinare analogamente il 50 % del conguaglio dell’oblazione di cui al comma 41 a progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario.

Invero, tale disposizione, pur prevedendo quale finalità, che sta alla base dell’assegnazione delle somme ai comuni, l’incentivazione della definizione delle domande di sanatoria, lascia agli stessi enti la discrezionalità di individuare la concreta destinazione delle stesse nell’ambito della finalità di una sollecita definizione dei procedimenti pendenti (Sez. Cont. Lombardia, delib. n. 10/2011/PAR), ma non ne prevede l’utilizzabilità a meri fini retributivi.

L’interpretazione del combinato disposto dei commi 40 e 41 dell’art. 32, D.L. n. 269 del 2003 induce, dunque, la Sezione ad escludere che tutto il gettito ottenibile possa essere destinato dagli enti locali a progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario ordinario di lavoro, per l’assorbente considerazione che si tratta di disposizioni che recano una diversa specifica regolamentazione degli usi consentiti delle relative entrate, laddove i progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario sono espressamente previsti dal legislatore esclusivamente dal comma 40 in cui si dispone che “Per l’attività istruttoria connessa al rilascio delle concessioni in sanatoria i comuni possono utilizzare i diritti e oneri di cui al precedente periodo, per progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario” e non anche dal successivo comma 41 (“quod voluit dixit, quod noluit tacuit”).

Quest’ultimo comma, viceversa, prevede l’incentivazione della definizione delle domande di sanatoria, in senso lato, e come tale da intendere non nel senso di incentivi al personale, ma come incentivazione dell’attività dell’ufficio preposto, che può attuarsi nelle forme più varie, potendo consistere nel potenziamento delle dotazioni strumentali e/o informatiche, nella riorganizzazione ed innovazione delle risorse materiali, nel ricorso – ove indispensabile – a collaborazioni esterne, etc.

In tal senso si era del resto già espresso, del resto, il Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli Affari interni e territoriali, con un parere in data 15/4/2010, ove nel rappresentare “l’impossibilità di remunerare il personale attingendo alla quota del 50 % delle oblazioni destinate ai comuni, ai sensi del citato c. 41 dell’art. 32”, ribadiva che “se l’ente non ha provveduto all’incremento del 10 % dei diritti ed oneri come richiesto dal predetto comma 40 dell’art. 32, non può procedere all’avviamento dei progetti come disciplinati dalla specifica normativa contenuta nelle disposizioni in commento”.

Conclusivamente, pertanto, il parere di questa Sezione è che solo gli introiti derivanti dall’aumento fino ad un massimo del 10% (“c.d.”tetto”) degli oneri per il rilascio di concessioni in sanatoria di abusi edilizi può essere destinato a lavoratori dipendenti adibiti a progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro ordinario, mentre non altrettanto è a dirsi per il 50% del conguaglio dell’oblazione di cui al citato comma 41.

Ovviamente i progetti finalizzati di cui al comma 40 dell’art. 32, debbono essere oggetto di previa regolamentazione sicché l’amministrazione interessata dovrà, ove ritenga di procedere in tal senso, definire l’aumento del 10% dei diritti ed oneri, con contestuale assegnazione delle somme ai relativi progetti finalizzati, prevedendone anche le modalità di controllo dello stato di attuazione.

Con la delibera in esame, infine, i Giudici contabili hanno colto l’occasione per affermare anche la condivisibilità e l’applicabilità al caso di specie della posizione espressa nella circolare n. 2/2020 del Ministero della Funzione Pubblica (confermata in vari atti dell’ARAN): la norma più volte richiamata in questo parere espressamente dispone che “per l’attività istruttoria connessa al rilascio di concessioni in sanatoria, i comuni possono utilizzare i diritti ed oneri di cui al precedente periodo, per progetti finalizzati da svolgere oltre l’orario di lavoro”. Il chiaro disposto normativo presuppone, dunque, che detti progetti – ascrivibili all’area del lavoro straordinario – vengano eseguiti oltre l’orario di lavoro svolto in presenza sicché ad essi si ritiene non possano essere adibiti lavoratori che si sono avvalsi del c.d. “lavoro agile “che è strutturato senza alcun riferimento alla prestazione lavorativa oraria: infatti la ratio legis è di garantire che tali attività – retribuite in maniera incentivata – vengano svolte in maniera verificabile al di là delle ordinarie prestazioni lavorative strutturate sul modulo orario, sistema che è incompatibile – appunto – con il c.d. “lavoro agile” ove l’obbligo di presenza ed il controllo del datore di lavoro subiscono un deciso ridimensionamento funzionalizzato alla responsabilizzazione del lavoratore (vedasi art.18 della legge n.81 del 22 maggio 2017).

Nella pubblica amministrazione tale modalità di espletamento della prestazione lavorativa è stata prevista dalla legge n.124 del 2015 (art.17) ed è stata ed è ampiamente utilizzata a far data dall’emanazione del D.L. 2 marzo 2020 n. 9 recante “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori ed imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” che, nella fase emergenziale, ha superato il regime sperimentale dell’obbligo per le amministrazioni di adottare misure organizzative per il ricorso a nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa con la conseguenza, però, di rendere allo stato incompatibile l’erogazione di emolumenti connessi a progetti finalizzati ove ne sia espressamente previsto lo svolgimento oltre l’orario di lavoro, come nel caso disciplinato dal comma 40 dell’art. 32 della legge n.326/2003 .