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Decreto Pa, aumenti del salario accessorio non per tutti

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del decreto-legge 25/2025 (legge 69/2025), Comuni, Province e Città metropolitane potranno incrementare l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al finanziamento del salario accessorio del personale non dirigente in deroga al limite di spesa di cui all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.

Tuttavia, la fattibilità e l’entità di tale incremento dipendono da numerose variabili, per cui risulta impossibile allo stato attuale stimare con precisione l’impatto complessivo della misura sulle buste paga dei dipendenti degli enti locali.

Dalle prime simulazioni effettuate in questi giorni su alcuni degli enti con cui collaboriamo (di diverse dimensioni), emergono però alcune linee di tendenza generali: tutti i Comuni sondati si collocano ampiamente al di sotto del tetto del 48% della spesa complessiva sostenuta nel 2023 per gli stipendi tabellari delle aree professionali, con percentuali leggermente superiori negli enti con pochi dipendenti, dove l’incidenza della remunerazione degli incarichi di EQ sul totale del Fondo risulta più elevata; quasi tutti i Comuni esaminati si trovano di fronte al trade-off tra erogare più risorse premiali ai dipendenti già in servizio o disporre nuove assunzioni finalizzate a rafforzare gli organici e colmare le carenze dovute ai pensionamenti e alle cessazioni (non va dimenticato, infatti, che la norma subordina la legittimità del suddetto incremento al «rispetto di quanto previsto dall’articolo 33, commi 1, 1-bis e 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58»); molti degli enti interpellati avranno grosse difficoltà a finanziare stabilmente questo incremento negli anni a causa delle notevoli rigidità di bilancio che li affliggono (anche in considerazione della necessità di prevedere le coperture per i futuri rinnovi contrattuali e l’accantonamento obbligatorio al Fondo Obiettivi di Finanza Pubblica).

Perciò, pur in attesa della pubblicazione della circolare dalla Ragioneria Generale dello Stato con cui verranno illustrate nel dettaglio le innovazioni apportate dalla norma in commento (articolo 14 comma 1-bis), pare ragionevole ritenere che le reali ricadute di questa misura sulle retribuzioni dei dipendenti degli enti locali saranno più modeste di quanto ci si potesse aspettare.

Ma soprattutto, come da più parti osservato, sembra davvero impossibile pensare ad un aumento generalizzato del salario accessorio per il personale del comparto, viste le precarie condizioni finanziarie in cui versano attualmente numerose amministrazioni locali. Tanto più che la disposizione di legge esclude dal proprio campo di applicazione i dipendenti appartenenti a camere di commercio, enti regionali, unioni di comuni, comunità montane e consorzi (senza dimenticare, poi, dirigenti e segretari comunali e provinciali, anch’essi esclusi dagli aumenti).

Insomma, la misura contenuta nel decreto Pa rappresenta un primo passo verso il superamento delle storiche disparità retributive tra amministrazioni centrali ed enti locali, ma la strada per una reale armonizzazione dei trattamenti economici nel pubblico impiego resta ancora lunga.

Tags: DL PA, Trattamento accessorio